Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/328

Da Wikisource.

— 320 —

il loro atto, li aveva indotti ad entrare nella scuola militare d’Ivrea, donde uscirono sottotenenti, il Lanza dei granatieri e il Notarbartolo della brigata Aosta. Si erano dimessi appena saputo lo sbarco di Garibaldi e corsero nell’Isola a prender parte alla rivoluzione. Scalea partì con Medici, e Notarbartolo fece parte di quella fortunosa spedizione, che, catturata dal Fulminante, venne rimorchiata a Gaeta. Quella spedizione era partita da Cornigliano presso Genova, la notte dall’8 al 9 giugno, sul Charles- Jeanes, clypper americano, rimorchiato dal vaporino l’Utile con bandiera sarda. Era un migliaio di volontari sotto il comando di Clemente Corte, poi generale e deputato, morto senatore del Regno, il quale allora aveva grado di maggiore, ed avrebbero dovuto raggiungere a Cagliari il resto della spedizione Medici, e colà ricevere armi, munizioni e uniformi. La cattura avvenne nella notte dal 9 al 10, e la nave, condotta a Gaeta, ancorò sotto il tiro delle batterie del porto. Ma poichè i volontari passavano per emigranti, il Piemonte e gli Stati Uniti protestarono, ma invano. La cattura durò sino ai primi di luglio, quando, concessa la Costituzione, il governo di Napoli si affrettò a liberarli, e poterono quei giovani prender parte alla battaglia di Milazzo. Emmanuele Notarbartolo vi trovò tanti suoi amici di Palermo, e basterà ricordare Narciso Cozzo, il Brancaccio, i due fratelli Ricci Gramitto, Rocco e Innocenzo, Stefanino de Maria, Pietrino San Martino, e vi trovò pure Francesco Scalea, Achille Basile e Corrado Niscemi, che la signora Mario fece poi morire a Cajazzo!nota E fra quelli, che dopo aver seguito Garibaldi al Volturno, entrarono poi nell’esercito, ricorderò Francesco Brancaccio di Carpino, che si battette a Custoza e vi guadagnò la medaglia al valor militare. Lanza di Scalea entrò in diplomazia.


Una caricatura dello Charivari aveva riassunta la situazione dell’esercito napoletano in Sicilia, dipingendo un’armata, nella quale i soldati avevano le teste di leone, gli ufficiali la testa d’asino, e i generali erano acefali, con questa annotazione in piedi: Voilà l’armée du roi de Naples en Sicile! Feroce caricatura, ma non immeritata, rispetto ai generali che dettero così desolante prova d’incapacità e di scetticismo. Non furono traditori, ma incredi- 1

  1. Jessie White Mario, La vita di Garibaldi, vol. I, cap. XXV, pag. 26,