Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/375

Da Wikisource.

— 367 —

more di una reazione violenta e sanguinosa, e concludeva: “Il Re vuol ancora resistere? Ebbene s’accampi coi soldati che gli restan fedeli in qualche parte, di dove Garibaldi abbia a passare, e combatta. Noi compiangeremo la sua risoluzione, ma non vilipenderemo la sua reale fierezza„.

Girolamo Ulloa, alla sua volta, protestava con una lettera contro le insinuazioni del Nazionale e contro la voce, che gli fosse stata fatta direttamente o indirettamente alcuna offerta di portafoglio, e che egli l’avesse accettata nell’interesse del Murat. Io rispondo con tutta l’indignazione di un uomo onesto, egli diceva, offeso gratuitamente; essi mentiscono .... nè mai il pretendente di Napoli ha trovato un nemico più pronunziato di me.

Il tentativo dell’Ulloa non riuscì. Ebbe più rifiuti che non ne avesse avuti l’Ischitella; e tra coloro, che rifiutarono, fu Giuseppe Aurelio Lauria, consultore di Stato. Si rese ancora più manifesta l’impossibilità di formare un governo. I generali, interpetrando forse il sentimento del Re, che aveva resistito ai consigli di tentar la difesa a Salerno o di farla a Napoli, dichiararono ch’era meglio farla tra Oapua e Gaeta: consigli tutti, che si succedevano con vertiginosa confusione. Solo il vecchio Carrascosa disse apertamente al Re: “Se Vostra Maestà mette il piede fuori di Napoli, non vi tornerà più„. Il futuro storico dovrà bene fermarsi su questo punto, per determinare tutte le responsabilità militari di quei giorni. Dico tutte, perchè non è giustizia chiamar capro espiatorio dello sfacelo il solo Pianell, come fecero gli scrittori legittimisti. I consigli dei militari erano anzi più inconcludenti e contradittorii di quelli dei ministri; lo spirito di corpo si era affievolito nei capi più che nei soldati; e i capi seguitavano a denigrarsi ed a diffidare l’un dell’altro, ed erano venuti quasi tutti in sospetto al Re. Si confidava nei battaglioni stranieri, ma anche questi, stranamente accozzati, risentivano il generale malessere. Oggi però, spente le ire, si può bene affermare che ne i comandanti dei forti ebbero mai ordine di bombardare Napoli, come generalmente si temeva e forse da taluni si crede ancora; nè l’idea di tentare la difesa a Napoli fu messa innanzi con precisione e coraggio. Fu davvero desolante lo spettacolo, che presentavano in quei giorni i capi dell’esercito. Tutta l’azione del ministero mirava invece ad impedire la resistenza dentro Napoli, ed era efficacemente coa-