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138 | la guerra | [1282] |
Il reggimento a comune sotto il nome della romana Chiesa, prendean,
come s’è narrato, tutte le città e terre1, fors’anco le baronali,
di cui molte avean cacciato i feudatari francesi, tutte godeano il
privilegio di municipalità, secondo gli ordini pubblici de’ tempi
normanni e svevi. Fatte dunque repubbliche, il popolo elesse, dove
uno, dove parecchi capitani, e vario numero di consiglieri; i quali
dapprima furono popolani, o nobili senza grandi vassallaggi, militi,
che è a dir cavalieri, scelti come ogni altro cittadino per propria
riputazione; e se alcun d’essi nascea d’illustre sangue, il poco avere
e l’ambizione il rendea popolano2. E ciò intervenne in un reame
stato due secoli feudale, perchè i baroni stranieri e nuovi, abborriti
per quegli aggravî ch’erano inusitati in Sicilia, caddero involti
nella medesima ruina del governo regio; i baroni antichi, pochi di
numero, battuti delle proscrizioni e dalla povertà, non eran forti
abbastanza. Per tali cagioni, e per l’impeto del movimento che nacque
dal popolo, par siano stati democratici al tutto quegli ordinamenti
repubblicani d’aprile milledugentottantadue. E in vero le
deliberazioni più importanti si presero dal popol convocato in
piazza3. Come le città libere d’Italia, le nostre si tenner l’una
dall’altra indipendenti; ma ammonite dal pericolo che ognun vedea
sovrastare, si strinsero in lega a mutua difesa e guarentigia4; se
per marche o province
- ↑
- Anon. chron. sic., pag. 147.
- Nic. Speciale, lib. 1, cap. 4.
- Saba Malaspina, cont., pag. 358 e 359.
- ↑ Eriguntur in terris populares rectores, et capitanei fiunt in plebibus ad Gallicos persequendos, etc. Malaspina, cont., pag. 336.
- ↑
- Diploma del 3 aprile 1282, docum. IV.
- Bart. de Neocastro, cap. 27, 37, 41.
- Saba Malaspina, cont., pag. 356, ec.
- ↑
- Annali genovesi, in Muratori, R. I. S., tom. VI, pag. 576. Ivi si legge: Et missis sibi invicem nuntiis, conjuraverunt se ad invicem.
- Saba Malaspina, cont, pag. 358.
- Bolla di Martino IV, in Raynald, Ann. ecc., 1282, §§. 13 a 18. Per questa son disciolte le confederazioni per avventura fatte tra i comuni di Sicilia ribelli. È notevole che si parla sol di comuni di Sicilia, anche nelle ammonizioni a tornare all’ubbidienza, e nelle minacce di gastighi; quando il divieto d’aiutar questi ribelli è fatto largamente a principi, conti, baroni, e comuni esteri. Novella prova dell’indole tutta popolare della rivoluzione del vespro, e della condizione de’ ribelli, che già si sapea a corte di Roma il 9 maggio, data della bolla.
- D’Esclot, cap. 81, e Saba Malaspina, loc. cit., suppongono che le altre città di Sicilia avessero giurato ubbidienza al comune di Palermo. Tra quelle non fu per certo Messina: e i diplomi citati nel corso di questo capitolo, e tutte le altre autorità portano piuttosto a confederazione, che a dominio di Palermo. Forse l’avea di fatto, non di dritto, come prima nella rivoluzione, come antica capitale, e più forte di popolo.