Pagina:La guerra del vespro siciliano.djvu/168

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152 la guerra [1284]

enorme di guerra, che non parrà esagerata riflettendo esser Carlo apparecchiato di già a grande impresa, e aiutato da mezza Italia, dalla Francia e dalla corte di Roma; e che pria della lotta tra principato e baronaggio, e dell’uso delle bande stanziali che ne seguì, gli eserciti d’Europa si poteano adunar numerosi poco meno ch’ai nostri tempi, con un sol bando a’ baroni per la cavalleria, e poca moneta per lo scarso stipendio de’ pedoni. Un cardinale armato di censure e di piena balìa; un re uso a vittoria, indurato nelle battaglie; un esercito grossissimo, ansioso di vendetta, assetato di preda; un bollor francese, un’astuzia di Roma, un furor d’offeso tiranno, tutte l’arti di guerra, tutte l’arti di regno a conquider l’isola ribelle, minacciando si raggrupparono sulla estrema punta d’Italia.

Reina del Faro, siede tra due mari in faccia ad oriente, maestosa e lieta Messina; che a manca, il Peloritan promontorio sta contro il Tirreno; a destra, il braccio di san Ranieri sì ardito mette nel mare Ionio, rientrando come punta in falce contro la curva del lido, che un vasto cinge, e profondo, e da tutti venti sicurissimo porto. In mar bagnansi le falde de’ colli, talchè parte non poca della città