Pagina:La guerra del vespro siciliano.djvu/180

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164 la guerra [1282]

Messina col suo re, e lietamente il farebbe; ma non parlasser di patti, che non n’è luogo tra sudditi e monarca; sperassero in Carlo, magnanimo, clemente, il quale perdonar saprebbe alla città, serbare i gastighi a’ soli efferati omicidi; vano architettar altre pratiche; ubbidissero, e ne rimarrebber contenti. «Messina, conchiudea, s’affida nel grembo della Chiesa; in suo nome la risegno io a re Carlo.» E Alaimo: «A Carlo no,» con voce di tuono proruppe, e gli strappava il baston del comando: «No, padre, vaneggi: i Francesi mai più, finchè sangue e spade avrem noi!» Somiglianti parole in suon di varie voci scoppiarono dalla moltitudine; alla quale invan replicava Gherardo, invan essa a lui: perilchè cessando il negoziato a pien popolo, deputaronsi trenta de’ più notevoli cittadini, a cercare in ragionar più queto, qualche strada agli accordi.

Venian proponendo patti al re disdicevoli, a Messina pericolosissimi, e peggio al rimanente della Sicilia: perdonasse Carlo alla città; gli bastasser l’entrate de’ tempi del Buon Guglielmo; nè soldato nè ministro francese in Messina mettesse pie’; la si reggesse per uom latino a scelta dal re: dai quali termini il legato non valse a rimuoverli un passo. Onde, o ch’ei se ne riferisse al re, e questi ricusasse tutt’altri patti che di resa a discrezione, com’alcuno scrive; o che il cardinale conoscesse la mente di Carlo sì addentro da non averla a ricercar nuovamente, risoluto ei disdisse l’accordo; con isdegno grandissimo de’ cittadini. E tra i popolani più ardenti, che fremeano e schiamazzavano a tal niego, alcuno drizzandosi a Gherardo il rimbrottò1: «Vedi candor di pastori che consiglianti ignudo

  1. Saba Malaspina, cont., pag. 371, scrive quidam Antropi cives archipopulares. Alla interpretazione dellAntropi indarno mi sono affaticato. L’egregio mio amico G. Daita, professor di eloquenza in Palermo, giovane d’alto ingegno e molta perizia nelle lettere latine, pensa che con quella voce, che in greco suona uomo, Malaspina volesse significar filantropi, o veramente scaltri, bravi, uomini di tutta botta. Io aggiognerei che forse lAntropi (che si vede così con la prima lettera maiuscola nel testo pubblicato dal di Gregorio) potrebbe essere nome proprio di qualche famiglia.