Pagina:La leggenda di Tristano, 1942 – BEIC 1854980.djvu/22

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16 la leggenda di tristano



VIII. — Ora dice lo conto che queste parole ha ridette Governale a T. per conoscere lo suo senno; ma molto è allegro Governale dele parole che T. gli avea dette, ché ora conosce che fie buono cavaliere e savio. E allora si si partono ambidue dela camera e vengono nela sala delo palagio; e T. incomincia a schermire cogli altri damigelli. Si che la figliuola del re, vedendo ischermire T., tutta quanta ardea del suo amore e dicea in fra se istessa: «Ora l’avess’io nela mia camera!». E dappoi si si partio dalo schermire la damigella e si si nascose intra due camere, e andava la via intra queste due camere ov’ella si nascose. E T. andando ala sala delo re per passare in altra parte delo palagio, e passando intr’ambodue queste camere, e la donzella vedendo T. passare, corse e gittoglisi al collo e incominciollo a basciare, si come femina la quale è pazza d’amore. E tenendolo in cotale maniera istretto a sé, si che T. da lei non si potea partire, e la damigella, la quale iera uscita dela materia per amore di T., non pensando a ciò ch’ella facea, gittò uno grande grido, dicendo «socorretemi, cavalieri». E questo dicea ella si come femina, la quale iera addivenuta pazza e uscita dela materia. Ma li cavalieri, intendendo lo grido dela damigella, corsero tutti a lei, e trovarono la damigella che tenea abracciato T. Erettamente. E li cavalieri dissero: «Damigella, che hai tu che gridi?». Piena di paura e di vergogna, disse ella: «Questo damigello si mi vuole fare villania». E allora disser li cavalieri: «Come l’hai tu potuto fare, T.? ché tu ricevei cotanto onore e cotanta cortesia dal re, e tu sua onta procacci. Per mia fé, ché tu tine penterai». E allora comanda lo re che T. sia messo in pregione. Ma Governale non poteva andare per lo palagio, si iera grande lo romore deli cavalieri, dicendogli: «Vae prendi, maestro, lo tuo figliuolo, ché bene l’hai nodrito». E Governale si si tornoe nela camera, e per vergogna non andava nela sala. Ma pensando infra se istesso, disse: «Meglio è ch’io faccia assapere alo re lo convenentre di T. ch’egli sia distrutto». E allora si si parte dela camera e venne nela sala e disse al re Ferramonte: «Io vi voglio