Pagina:La lettera di G. Boccaccio al Priore di S. Apostolo.pdf/13

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Ivi. «Ma acciochè io, che so tutto, dica qualche cosa, confesso spontaneamente che io fui alquanto in pendente, leggendo le lettere tue.» Deve dir lettere sue, com’è chiaro dal senso.

Pag. 4. «Me nè la promessa, nè ’l venire i conforti tuoi sospinsono.» Sia pur lode questa volta al Gamba, che ottimamente ha corretto in nota questo non picciol guasto, proponendo di scrivere: Me non la promessa, ma al venire i conforti tuoi sospinsono.

Pag. 6. «Intra queste cosa risplendenti era ed è una breve particella, attorniata e rinchiusa da una vecchia nebbia, e di tele di ragnolo e di secca polvere disorrevole, fetida e di cattivo odore, e da essere tenuta a vile da ogni uomo quantunque disonesto.» Non particella, ma stimo doversi dir cella: e forse una breve e povera cella. Quanto a nebbia, credo esser qui dette metaforicamente in vece di muffa: e noi vedremo di qui a poco che disse anche bicchieri nebbiosi.

Ivi. «In questa io, siccome nella conceduta parte della felicità grandissima quasi nocivo, non come amico dalla lunga, sono mandato a’ confini.» Dopo grandissima vuol porsi virgola.

Ivi. «Per tuo comandamento fatto, già tenendo noi mezzo novembre, ed ogni cosa aggranchiata per l’aire fresca e contratta, e stante la pestilenza: ed intorno ogni cosa tenendo sopra il solaio di sasso uno letticciuolo pieno di capecchio, piegato e cucito in forma di picciole spere, ed in quell’ora tratto di sotto a un mulattiere, ed un poco di puzzolente copertoio mezzo coperto, senza piumaccio, in una cameruccia aperta di più