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il partire, ma la fuga, com’è ben chiaro da due altri passi della lettera che io recherò qui appresso. Quindi si emendi anche alla pag. 1, dove si dice: Che io non doveva così subito il partire, anzi la fuga dal tuo Mecenate arrappare.

Pag. 58. «Ma dimmi? Può ragionevolmente essere detto partirsi di subito ed arrappare la fuga colui che domandata licenza, salutati gli amici, ancora dopo alquanti dì ordina le sue sommette, e quelle manda innanzi?» Non sommette, ma somette dee dirsi, cioè somelle, come egregiamente spiega la crusca che alla voce sometta reca questo esempio. Attendasi inoltre, in prova delle cose da mede dette nell’osservazione precedente, a quel partirsi di subito ed arrappare la fuga.

Ivi. «Di quindi rìpigliando il cammino, e conciofussecosachè io fussi pervenuti a Sulmona, da Barbato nostro uno dì con grandissima letizia della mente mia fui ritenuto e maravigliosamente onorato.» Tolgasi l’e prima del conciofussecosachè.

Pag. 59. «Volesse Dio che tu conoscessi l’errore tuo, che se altrimenti non ti fosse conceduta, arrapperesti quella.» Scrivasi: Volesse Dio che tu conoscessi l’errore tuo! Chè se altrimenti non ti fosse conceduto (manca certo la parola partire), arrapperesti quella, cioè la fuga.

Ivi. «Se io veggio non avere fatto a coloro a cui egli era tenuto, non debbo credere ch’egli facesse a me.» Par certo che debba dire: Se io veggio, nulla avere fatto a coloro ec.

Ivi. «Ma tolga Dio che, posta la libertà, io dia opera all’ira sua.» Scrivasi: Ma tolga Dio che, postò in libertà, io dia opera all’ira sua!