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Pagina:La stipe tributata alle divinità delle Acque Apollinari.djvu/15

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della sorgente. Avea il bacino in pianta il diametro di non più che un metro e trenta centimetri, e sollevavasi dal sasso ove cominciava a sorgere oltre a quattro metri con tutta l’acqua che vi rimaneva dentro allacciata. Alla bocca di questo bacino, che era in parte coperto da una volticella a guisa di forno, scendevano per alcuni gradi gl’infermi, e vi prendevano il bagno. Oltracciò una porzione dell’acqua derivavasi ad altra vasca e ad altra stanza immediatamente a contatto della prima. Era questa seconda che aveva il nome di bagnarello, e s’apprestava a quegl’infermi che sostener non potevano il calore troppo gagliardo della sorgente immediata. Traccie di più larghe diramazioni non sonosi trovate. Un timore forse superstizioso toglieva dall’animo di chi presiedeva al bagno l’idea di derivarla anche a piccola distanza. Le acque che erano, secondo loro, un benefizio locale della divinità, potevano avere efficacia finchè rimanevano chiuse entro il luogo nativo; uscite di colà, parevano persuasi, che la loro virtù si perdesse irreparabilmente.

Nel divisamento del nuovo edifizio le acque avrebbero sofferta diminuzione di calore coll’esser chiamate a piccola distanza, non già di parte alcuna della naturale loro virtù. Fu dunque stabilita la demolizione della prima allacciatura; e Federico Akermann soprastante alla nuova fabbrica coll’incominciare dell’anno ponea mano a disfare l’antico, ed a coordinare la nuova allacciatura e le nuove fistole ad un numero di vasche disposte tutt’intorno alla sorgente, e chiuse entro altrettanti camerini. La vecchia allacciatura demolivasi col ferro, e colla tromba idraulica abbassavasi la sorgente delle acque, quando il soprastante fu avvisato, un grande ammasso di metalli vedersi sotto all’acqua giacere accumulati. Fu molta la diligenza ch’egli adoperò ad estrarneli, ma non fu leggero il tormento, che i manovali ne riportarono, costretti com’erano a rimaner colle piante sopra que’ metalli, e con una parte de’ piedi entro quelle acque che erano tanto più ferventi, da quanto maggior tempo avevano quel calore concepito. L’operazione fu anche lunga, perchè superava di molto le duemila libre il peso dei piccoli metalli che di colà entro si dovettero trarre fuori.

Il 22 gennaio io era sul luogo per riconoscere qual sorta di metalli erano, ed insieme per rimanere convinto che una buona loro parte era stata ingojata dalle bocche delle grandi e piccole vene, d’onde le acque scaturiscono. Allora m'avvidi che era un delirio, più che un sogno, il pensiero di squarciare il sasso per rintracciare ciò che vi mancava. Ci saremmo messi nel pericolo di sviare la fonte dall’antico suo sbocco, e forse nulla avremmo potuto rinvenire fra gli abbissi ed i vortici sotterranei di quello scoglio.

Posto l’occhio in quello svariato numero di metalli non v’era a rimanere incerto intorno alla positiva ragione del loro accumulamento in quella