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Pagina:La stipe tributata alle divinità delle Acque Apollinari.djvu/16

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fonte. Erano essi la stipe1 tributata dai pagani, che erano venuti a prendere il bagno, alle divinità che avevano in guardia la fonte medesima. Questo tributo erasi pagato dagli ordini diversi de’ cittadini di Roma al lago Curzio per ottenere salute ad Ottaviano Augusto2: erasi pagato dagli Egiziani al Nilo; onde Seneca giunto alle cataratte di quel fiume benefico, addita i margini precipitosi di quelle rupi, da cui i sacerdoti gittavano nella corrente la stipe, e i prefetti delta provincia gli aurei loro doni3: erasi pagato dagli Umbri al loro Clitunno, onde il giovane Plinio recatosi ad ammirare la limpidezza di quelle sorgenti, dichiara tale essere stata, che vi si poteano contar le pietruzze che ne formavano il letto, e la stipe che tra esse v’era intramischiata4: erasi pagato alle divinità del lago di Falterona dagli Etruschi medesimi5. Nulla pertanto di maraviglioso, nulla di nuovo l’aver trovata la stipe in un’altra fonte minerale e termale; le quali due proprietà certamente non si accoppiano nelle correnti del Nilo, nel lago Curzio, nel Clitunno e nel laghetto di Falterona. Contento del poter far conoscere questi preziosi monumenti, i cui più singolari ho fatti fedelmente disegnare ed incidere, prendo a darne una semplice indicazione o poco più, certo di riuscire a’ miei lettori meno disaggradevole, che con una più dotta illustrazione.


DELLE MONETE

TROVATE NELLE ACQUE APOLLINARI


Le monete rinvenute nelle Acque Apollinari sono una gran parte in aes rude, una parte in aes grave signatum, ed un’altra parte in monete battute tra due conj.


  1. Stipe è anche una piccola offerta fatta alla divinità pagana. Dicesi singolarmente della moneta minuta.
  2. Omnes ordines in lacum Curtii quotannis pro salute ejus stipem jaciebant. Svet. Aug. 57.
  3. . . . In haec ora stipem sacerdotes, et aurea dona praefecti, quum solemne venit sacrum, jaciunt . . . L. Ann. Senec. Natur. Quaest. L. IV. 2.
  4. . . . Modicus collis assurgit antiqua cupressu nemorosus et opacus. Hunc subter fons exit, et exprimitur pluribus venis sed imparibus, eluctatusque facit gurgitem, qui lato gremio patescit purus et vitreus, ut numerare jactas stipes et relucentes calculos possis . . . Plin. Sec. Epist. L. VIII. 8. E qui ne giova il ricordare quello che sul proposito ne dice il P. La Cerda nelle note al verso 143 del II. delle Georgiche. Ebbe origine, egli dice, da queste divinità, che una parte sola di questo fiume potea navigarsi, ma non vi si potea nuotare. Plinio nella citata lettera aggiunge: Ponte (Clitumnus) transmittitur. Is terminus sacri profanique, in superiori parte navigare tantum, infra natare etiam concessum. Questo è il senso che tutti danno a Plinio. Ma forse egli dice che questo fiume nella parte superiore permette la navigazione, nella inferiore anche il poter nuotare; ma nella parte media, dove è sacro, nè il navigar nè il nuotare era permesso. Perchè egli stesso parlando del lago di Vadimone nell’Etruria soggiunge, nulla in hoc navis, sacer enim est. Così Platone nel 1 delle Leggi afferma, perfino la pescagione essere proibita ne’ fiumi sacri. Piscator nec in portubus, nec in sacris fluviis, paludibus, stagnisque venetur: in aliis liceat.
  5. V. Bullett. Archeol. 1838 p. 65, e 1842. p. 179.