Pagina:La stipe tributata alle divinità delle Acque Apollinari.djvu/26

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2. 3. Astragali in bronzo, che con parecchi altri si sono trovati tra mezzo alla stipe, e disegnati in due delle quattro loro faccie. In numero di quattro si adoperavano ordinariamente ne’ giuochi dagli antichi in iscambio di tali, e perciò tali anche gli appellavano. Non saprei se come semplice stipe, o se per altra superstizione ancora sieno qui stati offerti alla divinità.

4. Crinale in argento con avanzi di doratura, eguale al vero. È il più solido e quindi il meglio conservato tra parecchi di minor conto che v’erano tra mezzo alla stipe.

5. Palmetta in argento eguale al vero. Ve n’ha una seconda pari in grandezza, e due minori. Si vede chiaro che sono staccate da arnese di maggior conto, che non fu trovato.

6. Oenochoe o prefericolo senza becco. Nel disegno è d’un terzo minore del vero, ed è in quel metallo che dicesi di Corinto. La prima opera è di martello, ma è finito al tornio. La sua conservazione è perfetta relativamente ad alcuni altri che sonosi trovati in rame puro. La temperatura elevata nella quale mantiensi l’acqua costantemente, e qualche elemento corrosivo che v’è in essa, sono state le cagioni della perdita che è venuto facendo il rame, in confronto del metallo di Corinto. Le correnti elettriche nella diversità dei metalli vi hanno contribuito non poco.

7. Altro prefericolo in argento, disegnato ad un terzo meno del vero, preparato di martello e finito con opera di due tornj diversi. Mercechè quelle piccole e tortuose bacellature, che gli si aggirano tutto all’intorno, così sopra come sotto la membratura liscia, sono talmente eguali fra loro, che la machina sì, ma non la mano dell’artista avrebbe potuto in ciascuna riuscire pari a se stessa. Dal che appare l’uso che facevan del tornio, come noi chiamiamo, a sbalzo.

8. È questa la sola coppa d’un calice disegnata alla grandezza del vero. Doppio ne è il metallo, bronzo cioè ed argento, e fu tratto dalle acque delle terme così com’è, senza il suo piede. Ma che apodo non fosse, ne è prova certa la rottura antichissima: ed il molto suo peso ne dà ragione di sospettare, che nell’essere gittato dentro l’acque urtasse nelle pareti della vasca, e così perdesse il piede che fu forse ingojato dalle bocche della sorgente. Le ricerche fatte da noi sono state senza frutto; ma contuttociò ne sappiamo grado alla buona ventura, chè quella bocca era capevole anche della coppa, se per nostro danno fosse venuta a cadere sopra di essa.

È singolare la bellezza di questo vaso, perciò non sarà opera gittata il descrivere il magistero posto dall’artista nel lavorarlo. Lo fuse questi da prima in rame quasi puro, ed a tale ertezza che basta sentirne il peso per rimanere persuaso, che potè ben questo essere un vaso da servire di comparsa

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