Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/165

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134 capo vii.

vertà andaste in Sicilia da Dionisio: che disprezzato da Platone fosse raccomandato da Aristippo: e che profferti alcuni suoi dialoghi vi ricevesse dei doni.

IV. Dopo, sendo ritornato in Atene, non osò insegnarvi per essere allora in rinomanza Platone ed Aristippo: ma vi recitò discorsi pagato; poi compose orazioni giudiziali per chi soffriva ingiustizia. Il perchè Timone disse:

     O il non docile Eschine compose.

Raccontasi avergli detto Socrate che, poichè era stretto dal bisogno, e prendesse a prestito da sè stesso, sminuendo il cibo.

V. I dialoghi di costui erano sospetti anche ad Aristippo, poichè letti da esso a Megera è fama che il mordesse dicendo: Donde, ladro, hai prese, queste cose?

VI. Dice Policrito mendeo, nel primo Delle imprese di Dionisio, aver lui vissuto con quel tiranno sino alla sua caduta e sino al ritorno di Dione in Siracusa, affermando ch’era con lui Carcino il poeta comico. — Va attorno anche una lettera di Eschine a Dionisio.

VII. Era egli assai esercitato nelle rettoriche, come apparisce dall’apologia del padre di Feace il comandante e dall’avere imitato sopra ogn’altro Gorgia leontino. E Lisia scrisse un’orazione contro di lui, che s’intitola Della calunnia, donde è manifesto quale oratore ei fosse. — Raccontasi ch’era suo famigliare un Aristotele detto Mito.

VIII. Per altro di tutti i dialoghi socratici Pane-