Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/17

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cenni del traduttore. xiii

melo e ripassato anche su questo il mio lavoro, come una lunga epatite mi consentì, lo consegnai finalmente alle stampe.

E tu, o Lettore, ch’io vorrei cortese e non dotto - i dotti hanno sul Diogene altre lautezze che il mio povero lavoro - aggradisci la schietta fedeltà di un volgarizzamento che non fu senza fatica, poche note raggranellate alla fine di ciascun libro per dichiararti qualche passo del testo od ammannirti qualche dottrina ed alcune appendici alla fine dell’opera per integrare o ricordare sistemi o monchi od al tutto preteriti dall’Autore, accennando all’uopo, brevemente ed in iscorcio, le principalissime vicende della filosofia che precedette o susseguì la greca1, a solo

    notatione emendationum, latina Ambrosii interpretatione castigata, appendice critica atq. indicibus instruxit Henr. Gust. Huebnerus Lipsiensis. Lips. C. F. Koehlerus, 1828, in 8.°, vol. IV. — Il lavoro dell’Huebnero è dotto e coscienzioso. Confessa egli di aver sempre consultato, massime pe’ versi, l’eruditissimo Gof. Hermanno; e di avere fatto assai poco per congettura propria. La sua appendice critica rimasta sospesa, per morte, alla fine del lib. VIII, fu compita da Car. Jacobitzio.

  1. Mi sono giovato di Menagio, Casaubuono, Bruckero, Jacobs, Conio, Rossi, Uebnero, Visconti, Cousin, Salinis, ec., ec. ma più che di tutti di Ritter, la cui storia dell’antica filosofia mi parve pregevolissima per ogni rispetto. Valgami siffatta