Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/204

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cessato di battere il padre? Ed egli, ma io, rispose, nè il batteva, nè ho cessato. E quello, dicendogli nuovamente, che per torre l’ambiguità avrebbe dovuto dire sì o no, soggiunse: è ridicolo seguire le nostre leggi, quando è permesso di contrariarle alle porte. — A Bione che si prendea briga di perseguitare gli indovini, disse, ch’ei scannava i morti. E una volta udendo da alcuno che il più grande di tutti i beni fosse quello di conseguire ciò che si desidera, soggiunse, ma molto maggiore quello di desiderare ciò che si dee. — È opinione di Antigono caristio ch’ei nulla abbia scritto, nulla composto, a segno di non avere stabilito nulla su certi dommi. Dice che nelle quistioni era cosi battagliero da uscirne col volto tumido; ma che sebbene tale ne’ discorsi, dolcissimo era ne’ fatti; poichè molto burlandosi di Alessino e motteggiandolo duramente, gli fece in pari tempo del bene, accompagnando da Delfo sino a Calcide la donna di lui, che temeva i furti e gli assassinamenti che accadono per via.

XIII. Ed era buon amico, siccome è palese dalla affezione ch’ebbe per Asclepiade, e che in nulla non differiva dalla tenerezza di Pilade. Ma più vecchio era Asclepiade; per la qual cosa si diceva, lui essere il poeta, Menedemo l’istrione. — Raccontasi che una volta Archipolide avendo assegnato ad essi tre mila monete, ostinandosi su chi piglierebbe secondo, nè l’uno nè l’altro le prese.

XIV. Fu anche detto che aveano menato donne: Asclepiade la figlia, Menedemo la madre; che poi morta ad Asclepiade la moglie, pigliò quella di Me-