Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/307

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272 annotazioni

mento che a cagione delle forme ch’essa rivesto e che si trasformano in differenti maniere, in diversi tempi. Ma Platone si esprime anche altrimenti sullo stesso soggetto. Il corporeo da cui deriva tutto il sensibile, è, per ciò che precede in qualche altra cosa, e non avviene e non passa che in questa; ma ciò in che avviene e passa è lo spazio che non passa, e che rimanendosi sempre lo stesso, non fa che dare un posto a tutte le qualità passeggierò e cangianti che hanno un divenire. Questi diversi modi di vedere ci fanno di leggieri rinunciare all’opinione, spesso emessa, che Platone concepisse la materia come un ente reale, o come una cosa sussistente di per sè stessa — e quindi credere che il nostro filosofo tentasse spiegare il mondo sensibile col mezzo delle sole idee, senza il soccorso di una natura che ad esse fosse straniera. — Ora, per dare pur un giudizio sull’esito felice o disgraziato di questo tentativo, non può Ritter nascondere a sè stesso molto esservi di indeterminato nelle idee medie colle quali Platone vuol passare dalle idee al sensibile.

Le idee non sono cose particolari esistenti per sè stesse, non forze, non sostanze, ma soltanto determinazioni da distinguersi nella divina ragione, secondo la quale s’ordina il vero nei fenomeni del mondo e della scienza; sono reali in quanto una vera determinazione nella ragione divina, una vera legge per gli sviluppamene e l’esistenza nel mondo ad esse corrisponde, a tale ch’e’ possono essere rappresentate, in ogni anima, a misura della loro chiarezza e del convincimento che arrecano nello spirito. Si dice ch’elle esistono di per sè stesse, per la ragione che debbono essere concepite ciascuna con diversità determinata, e che l’esistenza che ad esse corrisponde differisce parimente in sè da ogni altra esistenza. — Ritter.

L’idea di Platone è l’idea in sè, [testo greco], l’idea assoluta senza rapporti nè col mondo dello spirito, nè