Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/402

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364 capo primo

s’inganna; poichè ne visse tre sopra sessanta, e si pose con Platone di diciassett’anni. — L’inno è di tal maniera:

     Virtù all’umana schiatta faticosa.
        Alla vita bellissimo conquisto,
        O Vergine, pel tuo volto e la sorte
        S’ambisce in Grecia del morire e lunghi
        Patir duri travagli: tal nell’alma
        Metti frutto immortal, miglior dell’oro,
        De’ genitori e del soave sonno.
        Per te di Giove il figlio Ercole e i nati
        Da Leda molto travagliarsi in opre
        A procacciar tua possa. Per desio
        Di te scendeano alla magion di Pluto
        E Achille e Ajace; e pel tuo caro volto
        Della luce del dì fu d’Atarnea
        Pur vedovato un cittadino. Ond’esso'
        la opre celebrato ed immortale.
        Le Muse innalzeran, figlie a Memoria,
        Che crescon reverenza all’ospitale
        Giove, ed all’amistà costante il pregio.

E v’ha anche su di lui un nostro epigramma ch’è così:

     Il mistico di Cerere ministro
        Eurimedonte già per accusare
        Stava Aristotel d’empietade: aconito
        Beendo e’ si sottrae. Vincer fu questo
        Sema fatica una calunnia ingiusta.


Aristotele, come racconta Favorino nella Varia istoria fu il primo a scrivere un discorso forense sovra sè stesso e per questa medesima accusa, e a dire come in Atene:

        Dopo di un pero invecchia un pero, e dopo
        Di un fico un fico.