Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/445

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eraclide 405

epicureo nel confutare le cose ch’egli scrisse della giustizia. Inoltre, ancora Dionisio il Metatemene, o Spintaro, com’altri dice, scritto il Partenopeo, lo attribuì a Sofocle, ed Eraclide, credendolo, in alcuna delle proprie opere se ne valse per le citazioni come fosse di Sofocle. Saputo questo Dionisio gli avvisò ciò che era e, negando egli e non se ne persuadendo, gli scrisse di osservare il principio dei versi, in cui vi avea pancalo — era costui amante di Dionisio — e siccome poi non credeva ancora e diceva essere possibile che ciò fosse per caso, Dionisio gli riscrisse di nuovo: Anche questo ci troverai:

     Vecchia scimia non pigliasi nel laccio:
     Si piglia è ver, ma pigliasi col tempo.

E dopo: Eraclide non conosce le lettere, nè si vergogna.

VIII. Vi furono quattordici Eraclidi. — Il primo questo medesimo. — Secondo, un concittadino di esso, il quale compose pirriche e frottole. — Terzo, un cumano che scrisse le cose persiane in cinque libri. — Quarto, un cumano, retore, il quale compose Le arti. — Quinto, un calaziano, o alessandrino, scrittore di una successione in sei libri e di un’orazione Lembeutica, per la quale fu anco Lembo chiamato. — Sesto, un alessandrino, che compose le particolarità persiane. — Settimo, un dialettico bargileite, che scrisse contro Epicuro. — Ottavo, un medico della scuola d’Icesio. — Nono, un medico empirico tarentino. — Decimo, uno scrittore, poetico, di precetti. — Undecimo, uno scultore foce-