Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/108

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92 capo primo

all’opposto; e il non frivolo ([testo greco]), abito che le fantasie riconduce al retto discorso. La stessa scienza chiamano, o una certa comprensione, o un abito nel ricevere le fantasie non derivante dalla ragione. Nè senza dialettica speculazione dover essere il savio stabile nel discorso; poichè da quella si riconosce il vero ed il falso, e il probabile e l’ambiguamente asserito si discerne; nè essere senz’essa nella Via d’interrogare e rispondere; ma estendersi la temerità nelle risposte e nelle cose che si fanno, sino a travolgere nel disordine e nella frivolezza colui che non ha esercitate le fantasie; nè altrimenti acuto e sagace e al tutto abile ne’ discorsi il sapiente mostrarsi; poichè è da lui il parlare dirittamente e dialogizzare, da lui discutere le cose proposte, rispondere a chi interroga; lo che è da uom perito nella dialettica. — Questo adunque nelle logiche tiensi, in compendio, da essi.

XXXVI. Ma acciocchè diciamo eziandio partitamente delle cose che da loro si estendono all’arte introduttiva, riferiscansi, secondo la lettera, anche quelle che Diocle magnesio pone nelle Escursioni de’ filosofi, dicendo così: Piace agli Stoici mettere in primo luogo il discorso della fantasia e del senso, poichè il criterio, al quale si conosce la verità delle cose, deriva da un genere di fantasia, e perchè il discorso del consenso della comprensione e dell’intelligenza, che, va innanzi dell’altre cose, non sussiste senza fantasia: però precede la fantasia, succede l’intendimento esponitore, il quale ciò che prova la fantasia, riferisce col discorso. Differiscono poi fantasia e fantasmi; poichè il fantasma