Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/240

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empedocle 221

     Ne’ crateri del fuoco, e il viver bebbe,
     Come la tomba sua mostra Megara?


XII. Egli credeva che gli elementi fossero quattro, fuoco, acqua, terra, aria; che un’amicizia li unisse, e una discordia li disgiungesse. Così si esprime:

     Il bianco Giove e la vital Giunone
     E in fin Pluto e la Nesti, che di pianto
     Gli occhi amareggia de’ mortali. —

Chiamando Giove il fuoco, Giunone la terra, Plutone l’aria, Nesti l’acqua; e gli elementi, dice, perpetuamente mutandosi, non mai quieti; come se quest’ordinamento fosse eterno. Onde aggiugne:

     Or l’amicizia in un tutte le cose
     Congiunge; ora di nuovo in due ciascuna
     Coll’odio ammassa la discordia.

Il sole, afferma, essere una gran massa di fuoco e maggiore della luna; la luna simile a un disco, simile a cristallo il cielo; e l’anima vestire ogni maniera di forme di animali e di piante: Dice dunque:

     Perchè fanciullo una volta già fui
     E fanciulla ed agnello ed arboscello
     E pesce ch’arde in mar. —


XIII. I suoi libri intorno la natura e le purificazioni si estendono in cinque mila versi; il trattato medico in seicento versi. Delle tragedie si parlò dianzi.