Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/318

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296 capo xi

IV. Del resto Antigono caristio, nel libro Intorno a Pirrone, racconta questo di lui: che da principio era oscuro, povero e pittore; che si conservano in Elide, nel Ginnasio, alcuni suoi portalampadi sufficientemente lavorati; che usciva a passeggiare e vivea solitario e rado mostravasi alla famiglia, che questo faceva per aver udito da un certo indiano rimproverare ad Anassarco, ch’esso nulla di buono avrebbe potuto insegnare, esso che coltivava l’aule dei re; che sempre in lui era un contegno, per modo che se taluno lo avesse lasciato anche mentre parlava, egli seguitava sino al fine il discorso: quantunque in giovinezza e’ fosse stato irrequieto. Spesso, narra, viaggiava senza dirlo prima a nessuno, girando a caso ove più gli piaceva. E una volta che Anassagora era caduto in un pantano, passò senza soccorrerlo; della qual cosa accagionandolo alcuni, Anassagora stesso lodò la sua indifferenza e mancanza d’affetto. — Sorpreso un giorno che parlava con sè medesimo, e richiestone del motivo rispose: Studio per esser buono. — Nelle dispute da nessuno era sprezzato, perchè il suo dire mirava all’esito ed alle proposte; perciò anche Nausifane fin quando era giovinetto fu preso di lui; e quindi era solito ripetere, che per la disposizione dell’animo si dovea essere di Pirrone, ma pe’ ragionamenti di sè proprio. E diceva che eziandio Epicuro, ammirando spesso il conversare di Pirrone, lo andava continuamente interrogando sopra sè stesso.

V. Fu egli dalla patria tanto onorato, che, e lo costituirono pontefice, e, in grazia sua, decretarono l’esenzione da’ tributi per tutti i filosofi; ma ed anche molti