Pagina:Landi - Vita di Esopo, 1805.djvu/40

Da Wikisource.
26 V I T A

tu, che io dica o padrone, gittala in un pozzo. Questo detto non piacendo a Xanto, per acquetarla lo riprese, dicendo: Taci superbo, e portale riverenza, conciosiachè più di me stesso amo costei. Adunque, disse Esopo, Xanto così gran Filosofo, e saputo, è preso da vile e superba feminella? Di ogn’altr’uomo lo averei io creduto, di te non mai: perciocchè l’amore di donna, ed il filosofare non si combinano bene insieme anzi sono molti diversi, e contrarj. Rivoltato pur Esopo a Madonna, disse: e tu dunque, o Signora, vorresti che il Filosofo avesse un bel giovane comperato, e di buon aspetto eh? acciocchè alle fatiche, del Padrone, supplire potesse, e teco scherzasse anco con vergogna del marito eh? così detto gridò chiamando Euripide Poeta: O Euripide, veramente la bocca tua fu dell’oro vieppiù preziosa, quando dicesti degnissima sentenza. Aspra cosa è la tempesta del mare; spaventevole e l’impeto d’un rapido fiume; orribile è la fiamma dell’ardente fuoco, e la povertà è così faticosa, e dura; ma niuna cosa è così mala, pestifera, e nojosa, come è una falsa, e rea femmina. Ma acciocchè tali parole non fossero alla donna di molta alterazione cagione, soggiunse: Padrona, ciò non dissi io per te, ma ben consigliati; e sia detto con buona grazia tua, che essendo tu moglie di così raro, ed egregio Filosofo, non è bene farti servire da belli e delicati giovani, acciocchè non venghino le persone in mala opinione de’ fatti tuoi, e tu sii cagione, che il tuo marito sia notato, e mostrato a dito.