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DE PARADOSSI. 87

CHE L'OPERE DEL BOCACCIO

non sieno degne d'esser lette, ispetial/

mente le dieci giornate.

PARADOSSO. XXVII.

Rande impresa per certo è quella c'hora intraprendo à voler mostrare, che il Bocaccio tenuto da ciascuno prosator si dolce et si facondo non sapesse scrivere, et che l'opere sue non meritino esser da studiosi lette, aspetto indubitatamente che l'academia delli infiammati di Padova, incominci à far grave tumulto, et aguzzar le penne contra di me, con si gran furore che appena l'autorita del gentilissimo messer Sperone, aitata dal favore del divino messer Pietro Aretino, quai certo sono che dal mio parer non discordano, mi potrano diffendere. Aspetto indubitatamente che gli intronati di Siena mi muovino aspra guerra (come se peccato havesse contra la divinita,) ma di tutti questi (quantunque nobili et eruditi academici) poca cura mi prenderei se d'altronde non mi havesse anchora à venire impetuoso assalto. Temo grandimenti e Balordi di Lucca, che de casi miei non faccino qualche comedia, impallidisco per e Sordi di Pisa, et hò una strema paura