Pagina:Le Rime di Cino da Pistoia.djvu/358

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ANTONIO PUCCI

Chi si vol sia o di che condizione.
Ma, non vi saprei poi dir la cagione,
Busse e mazzate fa dar infinita
A tutti alla partita. —
25Disse il Roman — Là mi conviene andare,
Se mi dovessi tutto far fiaccare. —
     Al palazzo n’andava quel Romano.
E quel signor, come l’ebbe veduto,
A lui ne fu venuto,
30E disse — O gentiluomo, scavalcate; —
E la staffa gli prese con sua mano.
Lassollo fare il Roman, nè fu muto
Rendergli un bel saluto.
Disse il signore al Roman — Ben vegnate:
35Siete voi troppo lasso, o come state? —
E fello a’ suoi famigli disarmare
E ’l caval governare.
Per man lo prese, e ’n sala l’ha menato
Dov’era riccamente apparecchiato.
40     Venuta l’acqua, e quel signor dicea
— O gentiluom, andatevi a lavare. —
Ed ei senza tardare
Presto faceva il suo comandamento.
Lavossi quel Roman come volea,
45E po’ in capo di mensa lo fe stare;
E senza dimorare
A fare i suoi comandi non fu lento.
Mangiato ch’ebbon con suo piacimento,
Vennono al tempo poi a un ricco letto.
50Disse il signor perfetto
— O gentiluomo, entrate in questa sponda: —
Ch’era dall’altra sua sposa gioconda.
     Ed ei v’entrò, nè fe al dir diviso:
Ma quel signor da poi nel mezzo entrava,
55E così si posava.
Al giorno chiaro ciascun s’è levato.
Lavossi quel Roman le mani e ’l viso,
E quel signor dell’acqua gli donava:
Ei non gliel contrastava.
60Armossi tosto, e poi prese commiato.


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