Pagina:Le antichita Romane (Piranesi)-1.pdf/46

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supposizioni. Primieramente perch’ essi non hanno alcuna somiglianza ai templi stati sempre gli stessi, o poco varj appresso gli antichi Romani, giacché non vi si vede veruna figura di cella, nè di portico nò di pronao sostenuto da colonne, come si raccoglie avere avuto il Tempio della Pace dalla Medaglia dell’Erizzo riportala nella stessa fig. II della predetta Tavola XXXII. Secondariamente, perchè non. aveva alcun’ aja all’innanzi, come avevano tult’i templi, imperocché il di lei prospetto era inferiormente impedito dal predetto atrio scoperto, come dimostra la detta Icnografia, e come andiamo a indicare nel seguente numero.

283. Avanzi di muri che formavano una delle ale del predetto atrio scoperto, negli orti di S. Francesca Romana, dimostrati nella stessa fig. II della Tav. XXXIII alle lett. L, ed M, e suppliti in pianta nella Icnografia del Foro Romano al num. 57.

284. Avanzi, al di dietro del Convento di S. Francesca Romana, di due Triclini che rimanevano laterali al Cavedio della detta Casa Aurea, dimostrati nella stessa fig. II della Tav. XXXIII alle lett. N, e O, e suppliti in pianta nella detta Icnografia del Foro Romano al num. 62. I moderni Scrittori gli tengono per i templi d’Iside e Serapide, ovvero del Sole e della Luna. Ma ricorre contro di loro la medesima ragione di non vedersi in tali avanzi alcuna forma di tempio. Né si dica che una nicchia o abside sia bastevole a canonizzare un muro deforme per avanzo di un tempio, perchè questo sarebbe un’ aver poca scienza delle maniere tenute dagli antichi ne’loro edifizj, dacché eglino quasi in tutti facevano degli emicicli e delle nicchie, ed in ispezie negli eci, nell’esedere, e ne’triclinj. Oltredichè si vedono nell’ esterno de’ muri de’ predetti triclinj le vestigia di un tetto, indicate nella detta fig. colla lett. P, il qual tetto copriva le celle contigue agli stessi triclinj; comeppure vi rimangono i segni, ove si appoggiavano le travi che coprivano le medesime celle, indicali nella stessa fig. colla lett. Q. L’uno di questi triclinj, il quale riguardava il Levante, serviva per l’estate. L’altro rivolto a Ponente serviva per il verno.

280. Parte de’ muri della Reggia di Nerone, nella villa Mattei, a S. Pietro in Vincoli, e incontro al Palazzo Sinibaldi.

286. Avanzi de’ muri appartenenti alle celle della delta Casa Aurea negli odierni orti delle Monache di Tor de’ Conti; sotto delle quali celle per mezzo di fornici passava la Via Sacra.

287. Arco trionfale cretto sul Clivo Sacro alle glorie di Tito dopo la di lui morte in memoria della distruzione di Gerosolima, come apparisce dalla seguente iscrizione che si legge nell’ odierno attico del medesimo:

SENATVS
POPVLVSQVE ROMANVS
DIVO TITO DIVI VESPASIANI
VESPASIANO AVGVSTO

Questo si dimostra nella Tav. XXXIV di questo Tomo alla fig. I. Ha nelle partizioni della volta l’Apoteosi dello stesso Imperadore, e ne’ due laterali rappresenta in bassorilievo il di lui trionfo colle spoglie del Tempio di Gerosolima, consistenti nel gran Candelabro, trombe ed altri arredi sacri, notati colla lett. A.

Seguono adesso gli avanzi del Palazzo Imperiale sul Palatino, le di cui vicende nommetio per le variazioni e gli accrescimenti fattivi dai Cesari, che gl’incendj da esso sofferti, hanno sinquì renduta difficile la individua denominazione degli stessi avanzi; per non errar nella quale mi è stato d’uopo di consultare maturamente queltanto che ne riferiscono gli antichi Scrittori. Gioverà perciò premettere in generale, che questo Palazzo si estendeva per tutto il Palatino, e che quantunque ci fosse un solo, come racconta Flavio Giuseppe nel cap. 1 del lib. 19 delle Antichità Giudaiche: Συνημμένη δὲ εκείνη, δια το εν τό βασίλειον ον, ὲπ’ οίκοδομίαις έκαστου των εν τη ήγεμονία γεγονότων άσκηθέν άπό μερους όνοματι των οίκοδομησαμένων, η καί τι μερῶν οίκησεως αρξαντων την έπωνυμίαν παρασχεσθαι. Queste (cioè le abitazioni di Germanico) erano contigue al Palazzo: il quale era uno, ma adorno e distinto con particolari edifizj da tutti gl’ Imperadori, de quali portavano il nome; cosicché non era di una ordinata figura, ma disuguale nella sua estensione e nelle sue appartenenze, come ben dimostrano le di lui reliquie, le quali sono state da me riportate in forma più ampia nella summentovata Icnografia del Foro Romano