Pagina:Le antichita Romane (Piranesi).pdf/9

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155. Piccola Sanza, ovvero Sudatorio attenente alla casa di S. Cecilia. Vi si vedono de’tufi nelle pareti, e de’fornelli sotto il lastrico, per mezzo de’quali si riscaldava il Sudatorio; a similitudine di quei delle Terme di Caracalla, dimostrati alla fig. II. della Tavola XIX di questo Tomo alle lett. L, M, N, O, e P. Vi rimane anco un coperchio di bronzo che anticamente copriva il Lacoonio dell’acqua bollente.

156. Avanzi, lateralmente al casino della Villa Spada, dell’Emissario dell’Acqua Alsietina, la memoria del quale si legge in una moderna lapide collocata sul prospetto del casino medesimo in occasione che per dar luogo alla moderna fabbrica fu devastato lo stesso Emissario. Questo corrispondeva alla Naumachia la quale fu fabbricata da Cesare Augusto nel Trastevere (come diffusamente io riferisco nel compendio del Commentario Frontiniano dopo la già indicata Tavola degli Aquedotti) e della quale peranco rimangono le vestigia nella Vigna delle Monache di S. Caterina da Siena sottoposte alla detta Villa, come si ravvisa nella presente Topografia generale. Negli scassati che presentemente si fanno in essa Vigna se ne rinvengono de’piccioli avanzi di opera reticolata.

157. Avanzi sotto la Cappella di S. Antonio di Padoa, delle sostruzioni della Rocca Janiculense, fortificata e racchiusa dentro di Roma da Anco Marcio col di lei più antico circondario notato nella presente Topografia generale colla lett. A coerentemente alle relazioni di T. Livio nel 1, e di Dionigi d’Alicarnasso nel 3. In questi avanzi si ravvisa peranco parte dell’opera reticolata: maniera di costruire che da ciò si deduce essere stala antichissima.

158. Ponte Ferrato, fabbricato da Valentiniano, Valente, e Graziano. Questo si dimostra nel Tomo IV dalla Tavola XXI sino alla XXIV.

159. Estremità dell’isola Tiberina, ove appariscono gli avanzi di una porzione di Nave di Travertini costruitavi anticamente in memoria della favolosa Nave che trasportò ivi il Serpente d’Esculapio da Epidauro. Alla stessa estremità sono aderenti gli avanzi dei Tempio della detta deità. Le memorie antiche che inoggi restano in quest’Isola si dimostrano nelle Tavole XIV e XV del Tomo IV.

160. Si nota la separazione in due parli dell’Isola Tiberina, cagionata ne’tempi bassi dall’escrescenze del Tevere.

161. Alla estremità di questa isoletta, separata come sopra, si ravvisano gli avanzi delle antiche sostruzioni dell’Isola Tiberina, sulle quali era collocata la casa de’ tre fratelli Anicj; comeppure gli avanzi di un riparo fatto ne’tempi bassi alle ulteriori devastazioni dell’Isola, e costruito di macigni, travertini, e tufi tolti dalle accennate sostruzioni.

162. Ponte de’Quattro-Capi, detto anticamente Fabrizio, perchè fu fabbricato nella decadenza della Repubblica da Lucio Fabrizio Curatore delle Vie. Fu poi fortificato di novi barbacani dai Consoli M. Lollio, e Q. Lepido sotto l’Imperio d’Augusto, come dimostro nel Tomo IV dalla Tavola XVI alla XX.

Orche abbiamo terminato il giro fra l’odierno circuito delle mura urbane, ed il Circondario anteriore ad Aureliano, notato co’punti, e indicato colla lett. A; proseguiremo le perquisizioni de’Monumenti antichi entrando per la Porta Carmentale, colla consecutiva scorta de’ numeri.

163. Picciolo avanzo di case plebee vicino la ripa del Tevere.

164. Casa di Niccolò di Lorenzo, chiamato volgarmente Cola di Rienzo, fabbricata nel Secolo XIV con gentilissime spoglie di edifizj antichi, e dimostrata nella Tavola XXI di questo Torno alla figura I. Ella, per la bizzaria della sua costruzione, e per l’unione bene accordata delle dette Spoglie, fu la maraviglia de’suoi tempi come accennano le seguenti iscrizioni. Da lei presero motivo gli Architetti del Secolo XVI di concepir nuove idee ne’soprornati delle colonne, ed è visitata dagli Studiosi per una plausibile curiosità: lo che mi ha mosso ad annoverarla fralle antichità, e a ritrarne il prospetto. Nella cornice rovesciata della di lei porta, contrassegnata nella detta figura colla lett. A si legge la sottoposta iscrizione

 
+ NON FVIT IGNARVS CVJVS DOMVS HEC NICOLAVS. QD NIL MOMENTI SIBI MVNDI GLORIA SENTIT
N. T. S. C. L. T. F. G. T. S. VERVM QD FECIT HANG NON TAM VANA COEGIT GLA QVAM ROME VETEREM RENOVARE DECOREM. IN DOMIBVS PVLCRIS MEMORES ESTOTE SEPVLCRIS. CONFISIQVE TIV NON IBI STARE DIV MORS VEHIT PENNIS NVLLI SVA VITA PERENNIS MANSIO NOSTRA BREVIS CVRSVS ET IPSE LEVIS. SI FVGIAS VENTVS SI CLAVDAS OSTIA C. LIS GOR MILLE JVBES N. SINE MORTE CVRES SI MANEAS CASTRIS EE ME VICIN. ET ASTRIS. OCIVS INDE SOLET TOLLERE QVOSQVOLIBET. SVRGIT IN ASTRA DOMVS SVBLIMIS CVLMINA CVJVS PRIM. DE PRIMIS MAGNAS NICOLAVS AB IMIS EREXIT PATRV DEC. OB RENOVARE SVOR. STAT PATRIS CRESCENS MATRISQ. THEODORA NOM. HOC CVLMEN CLARV CARO PIGNORE GESTA DAVIDI
TRIBVIT QVI PATER EXIHBVIT

Nell’architrave curvo di una delle finestre, contrassegnato nella medesima figura colla lett. B, si legge

ADSV . ROAIANIS GRANDIS HONOR POPVLIS

165. Tempio della Fortuna Virile il quale essendo arso, fu dagli Antichi, per supplire alla deformità causatagli dall’incendio, ricoperto di stucco, come si dimostra nel Tomo IV dalla Tavola XLIX alla LII. Questo Tempio è stato convertito in Chiesa di S. Maria Egizziaca.

166. Fornice quadrilatera vicino la Chiesa di S. Giorgio in Velabro, dimostrata nella Tavola XXI di questo Tomo alla fig. II. Ella è una delle due fabbricate di Stertinio nel Foro Boario, ed è ornata di due ordini di nicchie, nelle quali erano i segni dorati secondo la relazione di Tito Livio nel 3 della 4 decade. Sono sul piano A della cornice delle di lei quattro basi alcuni buchi corrispondenti sotto la gola della cornice medesima, stativi fatti o contemporaneamente alla Fornice, o almeno in tempi ne’quali ella era rispettata, atteso l’esser’eglino disposti in ugual distanza e simetrìa. Vi mancano fra le nicchie dell’uno e l’altr’ordine le colonne e le cornici, ed è deturpata negli altri suoi ornamenti. I molti forami che viepiù la sfigurano, vi furon fatti da’Barbari ne’tempi bassi per tome i perni di ferro e di bronzo, come ho detto altrove. Negli stessi tempi fu ridotta a uso di torre, come si vede dall’avanzo e dalla maniera de’muri riportati sopra il second’ordine delle nicchie, i quali si notano nella figura fra le lettere B, e C.

167. Monumento antico eretto nel Foro Boario dai Cambiatori della moneta, e dai Negozianti de’buoi, a Settimio Severo, a M. Antonino Caracalla, ed a Giulia Madre dello stesso Antonino, come apparisce dalla seguente iscrizione.

IMP. CAES. L. SETLMIO. SEVERO. PIO. PERTINACI. AVG. ARABIC. ADIABENTC. PARTHIC MAX. FORTISSIMO. FELICISSIMO PONTIF. MAX. TRIB. POTEST. XII. IMP. XI. COS. III. PATRI . PATRIAE . ET IMP. CAES. M. AVRELIO. ANTONINO. PIO. FELICI . AVG. TRIB. POTEST. VII. COS. III. P. P. PROCOS FORTISSIMO . FELICISSIMOQVE. PRINCIPI. ET IVLIAE. AVG. MATRI. AVG. N. ET. CASTRORVM. ET. SENATVS. ET. PATRIAE. ET. IMP. CAES. M. AVRELII
ANTONINI. PII. FELICIS. AVG PARTHICI. MAXIMI. BRITANNICI. MAXIMI ARGENTARII. ET. NEGOTIANTES. BOARII. HVIVS LOCI QVI INVEHENT DEVOTI. NVMINI. EORVM

Questo monumento è situato vicino alla summentovata Fornice, come si dimostra nella predetta fig. II della Tavola XXI di questo Tomo alla lett. E.

168. Porzione della Cloaca Massima scoperta e quasi riempiuta dal dirupamento del piano di Roma ov’è la cartiera, vicino alla detta Chiesa di S. Giorgio. Entrano in questa parte della Cloaca due acque provegnenti dal Palatino: L’una che sorge quasi appiè del detto dirupamento, e che si vede nelle decrescenze del Tevere; allorchè la Cloaca non la soverchia ricevendo il rigurgito delle di lui acque: l’altra condottata per uso della cartiera in rivo sotterraneo da me fatto visitare da un garzone della cartiera medesima, il quale mi ha riferito, che internatovisi per lungo tratto l’ha ritrovata procedere dalla parte verso la Chiesa di S. Anastasia, sin dove gli è stato facile l’avanzarsi per il largo transito di molte stanze sotterranee per le quali passa la dett’acqua; cosicché queste procedono dal Palatino secondo la naturale produzione che ne fanno i monti, e gli altri colli di Roma; e queste sono di quelle acquo, di cui al riferire di Frontino si servirono i Romani, oltre quelle de’ pozzi e del Tevere, per lo spazio di 441 anni dall’edificazione di Roma, allorchè non aveano le condottate da luoghi lontani, come riferisco contestualmente al Commentario dello stesso Scrittore nella spiegazione della Tavola degli Aquedotti al § 5. Mi sia lecito pertanto di riprendere la supposizione de’moderni scrittori, che queste due sorgenti provvenissero dai laghi di Giuturna e spezialmente di Curzio, non solo colla predetta indicazione della loro origine, ma col testimonio di Ovidio nel VI de’Fasti, ove dice:

Haec ubi nunc Fora sunt, udae tenuere paludes;
Amne redundatis fossa madebat aquis
Curtius ille lacus, siccas qui sustinet aras.
Nunc solida est tellus, sed lacus ante fuit.

Dalche si deduce chiaramente, che siccome il Foro Romano era dapprincipio inondato dal Tevere, il laco di Curzio ch’era nel Foro fosse formato dalla stess’alluvione, la quale sendo dipoi stata ripressa, venisse anche a cessare il lago, e che cessato questo non vi rimanessero vene di acqua provegnenti da una cosa la quale non era più in essere.

169. Tempio di Cibele di forma rotonda nel Foro Boario, inoggi Chiesa detta di S. Maria del Sole. La fig. I della Tavola XXII di questo Tomo ce n’esibisce le antiche semplici vestigia, cosi disegnate di proposito per dimostrarne la Cella. Quindi si vede esser questa circondata da un Portico di colonne co’loro capitelli, mancante ora dell’architrave, e di tutti gli ornamenti che lo rendevano compiuto; e si vedono nelle quattro facce de’ medesimi capitelli invece delle rose le pine, le quali erano il distintivo della Dea.

170. Sbocco nel Tevere della mentovata Cloaca Massima, la quale secondo T. Livio serviva di ricettacolo a tutti gli spurgi della Città. Essa incominciando dall’Arco di Settimio Severo segnato nella Topografia col num. 270 si protraea per via sotterranea a seconda de’punti distinti dai num. 281, 282, 168, 169, e 170, ov’è il predetto suo sbocco. Fu fabbricata sotto il Regno di Tarquinio Superbo, e guarnita di tre raddopj di archi; dal quale fu anche fortificata in questa parte la ripa del Tevere con più corsi di grossi peperini, come si dimostra nell’anzidetta Tavola XXIII di questo Tomo alla figura II, e detta perciò pulchrum litus. Colla quale opera, unita a quella del Circo Massimo fatta dallo stesso Tarquinio, dice T. Livio, che appena erano paragonabili le magnificenze fatte in progresso di tempo dai Romani. Lochè servirà di objezione ad alcuni de’ moderni Scrittori, i quali hanno defraudata ai Romani de’primi tempi la gloria nella maestà delle opere.

171 e 172. Due altre Cloache minori, fabbricate dai Censori M. Catone e Valerio Fiacco. La prima inoggi resta inutile, e la seconda tramanda nel Tevere l’Acqua