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Le spie d’Abei. 179

I due finti loutis, dopo d’averle in parte liberate, presero le catene e le trassero attraverso le vie della città, camminando velocemente, malgrado le proteste ringhiose dei quadrumani.

La popolazione di Khitab non aveva ancora riprese le sue abitudini. Spaventata dalla presenza dei russi, i quali bivaccavano ancora sulla piazza e sulle vie principali, attorno ai falconetti, alle racchette ed ai fasci d’armi, si teneva ancora ben tappata nelle case, per timore di passare un altro brutto quarto d’ora, sicchè tutte le strade erano ancora deserte, quantunque il maggior generale moscovita avesse imposto a tutti di non disturbare alcuno.

In meno di mezz’ora Karawal e Dinar attraversarono la città e si trovarono in mezzo ai giardini della porta d’oriente, dove i russi avevano radunati, sotto ampie tende, guardate da un doppio cordone di sentinelle, i prigionieri che dovevano essere inviati all’Emiro di Bukara.

Scavalcarono un muro ed entrarono in un orto che era stato abbandonato dai suoi proprietari, accampandosi sotto un superbo melagrano.

— Qui è come fossimo in casa nostra e nessuno verrà a disturbarci, finchè i russi non torneranno a Samarcanda, — disse Karawal al compagno. — E di qua noi sorveglieremo i prigionieri. —

Trassero dalle loro bisacce di pelle, delle gallette di maiz e un po’ di montone arrostito e si misero a mangiare; poi terminato il frugale pasto e date alle scimmie alcune melegranate, si coricarono fra le erbe, che crescevano sotto la pianta, accendendo i loro cibuc.

La notte li sorprese che stavano ancora fumando.

Karawal, arrampicatosi sulla muraglia, diede un lungo sguardo al piccolo campo russo, che si distingueva benissimo alla luce dei falò accesi fra tenda e tenda, cominciando le notti a essere fredde, poi rassicurato dalla calma che regnava, raggiunse il compagno.

Si gettò accanto a Dinar che cominciava già a russare, coprendosi la testa con un lembo della sua lunga zimarra.

Uno squillo di tromba li svegliò poco dopo i primi albori.

Karawal, che già dormiva cogli orecchi ben aperti, per modo di dire, fu pronto a svegliare il compagno e le due scimmie.

— In marcia, — disse. — Andiamo a vedere che cosa succede a Bukara. —