Pagina:Le aquile della steppa.djvu/186

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180 Capitolo terzo.

Presero le scimmie, scavalcarono il muro e s’avviarono verso l’accampamento.

Da una tenda vastissima, da quella che aveva una doppia fila di sentinelle, uscivano gruppi di Shagrissiabs, legati a venti a venti per mezzo d’una lunga catena, che passava attraverso alle loro larghe e solide cinture di pelle, fiancheggiati da cavalieri usbeki e bukari, che montavano piccoli cavalli villosi, dalle zampe robustissime.

Erano i prigionieri di Kitab, i più compromessi nell’insurrezione, che il governatore del Turchestan aveva promessi all’Emiro, colla condizione di restituirglieli vivi, dopo averli interrogati per sapere le responsabilità che spettavano agli abitanti delle due città ribellatesi e colpirli di ammende indubbiamente rovinose.

Fu nel quarto gruppo che Karawal e Dinar scoprirono Tabriz e Hossein, legati l’uno presso l’altro con una doppia catena.

Il gigante pareva addirittura inferocito e lanciava sguardi terribili sugli usbeki e sui bukari dell’Emiro; Hossein invece sembrava completamente annichilito da quel nuovo colpo, che gli faceva forse perdere per sempre la fanciulla, così intensamente amata.

— Uhm!... — fece Karawal, tirandosi la barba. — Non so come se la caveranno coll’Emiro.

Comincio a sperare che non sarà necessario che noi si faccia uso dei nostri kangiarri.

Non vorrei trovarmi al loro posto.

— L’Emiro li ucciderà?

— Forse non l’oserà perchè i moscoviti gli terranno gli occhi addosso; tuttavia ti ripeto che non vorrei trovarmi lì in mezzo.

Ha dei cavatori d’occhi famosi quel caro principe.

— Lo so, — disse Dinar. — L’anno scorso ho veduto accecare una cinquantina di vecchi, perchè avevano assalita una carovana che gli apparteneva. Ti giuro che ho riportata una impressione profonda.

— Ti credo. Ecco gli ultimi: mettiamoci in coda. —

La carovana si era messa in moto. Si componeva di oltre trecento prigionieri e di duecento cavalieri bukari e usbeki, sotto la condotta del rappresentante dell’Emiro, quello stesso che aveva assistito, nella tenda del maggiore russo, all’interrogatorio di Hossein e di Tabriz.