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234 Capitolo ottavo.

i suoi padroni difficilmente se ne servono di giorno, almeno quelli delle rive del mar d’Aral e dei fiumi della steppa settentrionale.

Aspettano di solito le notti oscurissime, perchè quelle sono le più propizie per la pesca e prendono il largo coi loro uccelli che stanno appollaiati sui due bordi della barca.

Un fuoco arde sempre all’estremità d’un bastone per attirare i pesci. Quando questi cominciano a mostrarsi a fior d’acqua, i cormorani, ad un fischio del padrone si mettono animosamente al lavoro.

Di solito sono i più giovani che cominciano l’attacco. In un lampo si tuffano, afferrano il primo pesce che guizza dinanzi a loro e lo portano fedelmente al padrone, fedelmente perchè non possono divorare la preda. Se non avessero al collo un anello di rame che stringe loro il gozzo, vi sarebbe da dubitare sulla loro fedeltà e probabilmente il padrone aspetterebbe invano la preda.

Sono però così stupidi che, quantunque delusi nelle loro speranze e spronati un po’ anche dalle loro abitudini, tornano subito in acqua alla caccia d’altri pesci, portandoli sempre.

È vero che a pesca finita potranno fare delle scorpacciate d’interiora, che l’avaro padrone getta loro in abbondanza.

Non è raro che un solo cormorano in una notte riesca a prendere quindici, venti e talvolta anche trenta chilogrammi di pesce. Moltiplicando per sei, ossia pel numero degli uccelli contenuti in ogni barca, si può comprendere quali guadagni faccia l’equipaggio che si compone di solito di non più di cinque persone.

La flottiglia dei pescatori, che continuava a scendere il fiume, dopo d’aver percorso un paio di chilometri, rinnovando costantemente i pezzi di legno, che bruciavano entro le borse di filo di rame, aveva cominciato a lanciare i volatili.

Quegli infaticabili pescatori lavoravano con vero accanimento. Appena a bordo ripartivano, tuffandosi profondamente, colla speranza mai esaudita, di poter finalmente saziare la loro ingordigia.

Già le barche erano mezze piene, quando giunsero in un luogo ove l’Amur-Darja s’allargava, formando una specie di lago che era cosparso d’isolette boscose.

— Qui faranno la grande pesca, — disse Karaval a Tabriz. — È questo il luogo ove le garitse si radunano in maggior copia. —

Le sei scialuppe continuavano ad avanzare, ma i cormorani,