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La sconfitta degli usbeki. 259

— Sì, e per punire il miserabile che ha ingannato mio zio, che ha cercato di assassinarci e che mi ha rubato Talmà! — rispose Hossein con intraducibile accento d’odio. — Ecco la vendetta che comincia. La steppa turanica sta dinanzi a noi!.. Al guado, Tabriz!...

— Questi cavalli non avranno paura dell’acqua, — rispose il gigante.

I cavalli non opposero alcuna resistenza e balzarono nel fiume sollevando due altissime ondate. Il fondo esisteva a qualche metro al di sotto, sicchè i due animali poterono avanzarsi senza correre alcun pericolo di sprofondare.

I due turchestani in meno di dieci minuti attraversarono il fiume, salendo la riva che in quel luogo non era molto ripida.

— Sulle tracce del loutis e del suo compagno, Tabriz, — disse Hossein.

— Hanno già lasciato come un varco fra queste erbe, — rispose il gigante. — Non faticheremo molto a seguirli.

Saranno già lontani, tuttavia un’ora di vantaggio non sarà gran cosa.

— Batti i fianchi dei cavalli. —

Si erano appena lanciati sotto le piante, quando un colpo di fucile rimbombò accompagnato dal grido:

— Alt!... Siete presi!...

— L’archibugio, Tabriz! — urlò Hossein.

— È pronto — rispose il gigante.

— Ventre a terra!

— E carichiamo, — aggiunse Tabriz.

Quella minaccia fortunatamente non ebbe altro seguito, sicchè i due turchestani, con non poca sorpresa, poterono oltrepassare indisturbati la zona alberata e raggiungere l’immensa steppa degli Illiati, confinante con quella dei Sarti.

— Ecco la libertà! — gridò Tabriz.

— E la vendetta, — aggiunse Hossein i cui occhi si erano accesi d’una terribile fiamma. — Siamo sempre sulla traccia del loutis?

— Sì, padrone, non la perderò più. Ecco dove sono passati i due cavalli. Le erbe non si sono ancora raddrizzate.

— Che gli usbechi si siano rassegnati?

— Lo credo, signore. —

La steppa verdeggiante, quella superba pianura che pareva un