Pagina:Le aquile della steppa.djvu/29

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Il «mestvire». 23

tissimo tabacco chiamato tumbak, Abei si era seduto dinanzi ai falchi, scuotendo le loro catene per svegliarli.

Hossein invece aveva ripresa la sua occupazione, mentre il beg ricoricatosi sul suo largo cuscino, si era rimesso fra le labbra il bocchino d’ambra.

Per alcuni minuti tutti rimasero silenziosi. Abei sorseggiata una tazza di thè, accese il suo narghilè e pareva che si divertisse a stuzzicare i falchi; chi però l’avesse attentamente osservato, l’avrebbe più volte sorpreso a contrarre le labbra con un brutto sorriso ed a fissare insistentemente Hossein, con uno sguardo che aveva dei lampi cupi.

Fu ancora Tabriz che ruppe il silenzio.

— È una guzla che suona nella steppa, — disse.

— Abei Dullah trasalì e smise bruscamente di fumare.

— Vedi nessuno? — chiese il vecchio.

— Non ancora.

— Che sia qualche suonatore o qualche canta istorie del villaggio di Talmà? —

Hossein alzò il capo.

— Che sia la fidanzata che me lo manda? Tu sai, padre, che i Sarti usano più che presso di noi, radunare i famosi canta istorie durante i banchetti nuziali.

Un uomo era comparso e affrettava il passo, guidato dalla luce che spandeva la lampada.

— Che Allah vi protegga, miei buoni signori, — disse quando fu presso la tenda. — Lasciate che io allieti la notte del futuro sposo della bella Talmà, la bella fra le belle.

— Avanzati, — gli disse Tabriz.

— La tenda del beg Giah Agha questa notte è aperta a tutti, anche alle Aquile della steppa, se giungono con buone intenzioni. —

Il suonatore s’appressò, pizzicando le corde della sua guzla e varcò la soglia della vasta tenda, esponendosi in piena luce.

Era lo stesso uomo che doveva più tardi sopportare lo spaventevole supplizio inventato dalla mente infernale dei carnefici persiani.

Portava sul capo un pesante berrettone di pelle d’agnello nero, in forma di cono tronco e indossava una lunga zimarra di panno grossolano, di colore oscuro, che gli scendeva fino alle grosse scarpe piatte e ferrate, colla suola alta.