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70 Capitolo ottavo.

— E le nozze? — chiese.

— Questa sera, signore, verso il tramonto. Partiamo o non potrai prendere parte alla caccia, nè alla corsa, mentre il beg conta sui tuoi falchi e sul tuo cavallo.

La carovana si sarà già messa in viaggio ed i regali di nozze non mancheranno al momento opportuno.

— Conducetemi un cavallo — proseguì Tabriz, volgendosi verso la scorta.

Un sarto s’avanzò e balzò a terra dinanzi ad Abei dicendogli:

— Lunga vita al nipote del grande beg. Ecco il mio cavallo signore. —

Abei salì in sella senza parlare, mentre il Sarto montava dietro ad uno dei suoi compagni; poi il drappello partì al galoppo, tornando, innanzi a tutto, verso la tenda per smontarla e trasportarla alla casa di Talmà e prendere i cavalli che dovevano già essere ritornati.

Abei non aveva più aperto bocca. Pareva in preda a tetri pensieri e punto soddisfatto di quanto era accaduto durante la notte. Di quando in quando la profonda ruga ricompariva sulla sua fronte e il suo viso già poco simpatico assumeva un aspetto bruttissimo.

— Signore, — gli disse ad un certo momento Tabriz, — si direbbe che tu sei molto incollerito.

— È vero, — rispose il nipote del beg. — L’ho con quelle dannate Aquile poi vi è un pensiero che mi turba.

— Quale?

— Vorrei sapere chi le ha spinte a tentare questo colpo di mano e per conto di chi hanno agito.

— È quello che mi ero già chiesto anch’io, — rispose il gigante. — Qui sotto ci deve entrare la mano di qualche uomo potente.

— Di un Khan?

— Quello di Khiva o di Bukara. Eh!...

— Può darsi — disse Abei. Poi ricadde nel suo mutismo, aizzando il piccolo e villoso cavallo datogli dal Sarto.

Un’ora dopo giungevano alla tenda. I due cavalli che Tabriz e Hossein avevano lasciati liberi, brucavano le erbe come meglio potevano, avendo ancora il morso.

I Sarti, aiutati dal gigante, levarono le pertiche, piegarono