Pagina:Le aquile della steppa.djvu/82

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76 Capitolo nono.

Allora il falco è pronto a tutto: ad inseguire e prendere i volatili, a cacciare le lepri e anche a misurarsi colle velocissime gazzelle, alle quali strappa gli occhi, tenendole quasi ferme fino all’arrivo dei cavalieri.

La cavalcata, preceduta sempre da Abei che era un falconiere emerito, con Hossein che le cavalcava a fianco, continuava la sua corsa furiosa attraverso la steppa. La bella Talmà si reggeva molto bene in sella, essendo tutte le donne turchestane abilissime cavallerizze ed anche instancabili.

Col suo lungo velo svolazzante, la sua tiara scintillante, il viso animato dal piacere della corsa, gli occhi vivissimi, era davvero bella e si poteva facilmente comprendere come avesse profondamente colpito il cuore di Hossein e forse di qualche altro ancora.

Le gazzelle, spaventate dalle grida dei cavalieri, dal rombo assordante di tutte quelle centinaia di cavalli lanciati a corsa sfrenata e dai latrati furibondi dei veltri, fuggivano disperatamente, balzando come palle di gomma al di sopra delle alte erbe.

Le povere bestie facevano sforzi prodigiosi per mantenere la distanza e vi riuscivano, almeno pel momento, quantunque i magri e agilissimi veltri avessero già sorpassati i cavalli.

Uran!... Uran!... — urlavano sempre ferocemente i cavalieri, sferzando le loro cavalcature. Era una carica furibonda che passava sopra la steppa e che faceva volare le erbe falciate dai robusti zoccoli di tutti quei cavalli.

— Attenti! — disse a un certo punto Abei che dirigeva sempre la caccia. — A te, Talmà!... Lancialo! —

La fanciulla staccò la catenella d’argento, che tratteneva il volatile e alzò il pugno che era coperto da un grosso guanto, mentre Abei lanciava un fischio.

Il rapace uccello allargò le ali, sbattendole tre o quattro volte, poi spiccò la volata, innalzandosi.

— Avanti gli altri! — gridò Abei, mentre liberava il suo.

Quello di Hossein partì come un fulmine, quasi in linea retta, seguito subito da quello di Abei.

I tre volatili muovevano velocissimi addosso alle povere gazzelle, che sembravano smarrite. Anche quello di Talmà era ridisceso e volava in linea quasi retta tenendosi a dieci o dodici metri dal suolo.