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Hossein alla riscossa. 93

fatto rapire Talmà, e che ha infranta la tua felicità, proverà il filo del mio kangiarro. Giah Aghà non ha mai mancato ai suoi giuramenti e ne avrai la prova. —

Abei, udendo quelle parole, era diventato livido, poi il suo sguardo obliquo s’era fissato, con terribile intensità, su suo cugino.

— Andate, — disse il beg. - Ecco Tabriz che ritorna. —

I due giovani erano appena usciti, quando il gigantesco turcomanno comparve.

— È fatto, padrone — disse.

— I cavalieri?

— Arruolati: venti tomani, a spedizione finita.

— Chi sono?

— Quasi tutti Shagrissiabs e Sarti.

— Solidi?

— Gente rotta alla guerra. —

Il beg stette un momento pensieroso, poi, accostandosi lentamente al gigante e battendogli famigliarmente su una spalla, gli chiese:

— Che cosa ne pensi tu di Abei?

— Perchè mi fai codesta domanda, padrone? — chiese il gigante con profonda sorpresa.

— Credi tu che ami veramente Hossein?

— Tu!... Padrone!...

— Veglierai su Abei, — disse il beg con voce imperiosa.

— Su tuo nipote?...

— Egli non mi pare franco, Tabriz! È un po’ di tempo che io lo osservo e che noto in lui delle continue esitazioni.

Egli è geloso di Hossein, geloso della sua lealtà, del suo coraggio, della sua bellezza, e forse d’altro ancora.

— Padrone!...

— All’alba: lo hai detto agli arruolati?

— Sì, saranno qui tutti, dinanzi alla porta.

— Tu conosci Sagadska.

— Il capo degli Illiati?

— Sì.

— Egli potrà darti forse delle informazioni preziose. Di là devono passare le Aquile, se è vero che si recano a Kitab.

— Vedrò quel capo.

— Va’ a coricarti: è già tardi.