Pagina:Le avventure di Pinocchio.djvu/28

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— Chi è che mi chiama? — disse Pinocchio tutto impaurito.

— Sono io! —

Pinocchio si voltò, e vide un grosso Grillo che saliva lentamente su su per il muro.

— Dimmi, Grillo, e tu chi sei?

— Io sono il Grillo-parlante, e abito in questa stanza da più di cent’anni.

— Oggi però questa stanza è mia, — disse il burattino — e se vuoi farmi un vero piacere, vattene subito, senza nemmeno voltarsi indietro.

— Io non me ne anderò di qui, — rispose il Grillo — se prima non ti avrò detto una gran verità.

— Dimmela, e spicciati.

— Guai a quei ragazzi che si ribellano ai loro genitori, e che abbandonano capricciosamente la casa paterna. Non avranno mai bene in questo mondo; e prima o poi dovranno pentirsene amaramente.

— Canta pure, Grillo mio, come ti pare e piace: ma io so che domani, all’alba, voglio andarmene di qui, perchè se rimango qui, avverrà a me quel che avviene a tutti gli altri ragazzi, vale a dire mi manderanno a scuola, e per amore o per forza mi toccherà studiare; e io, a dirtela