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molto tempo; oggi o domani verranno le malattie, la morte (sono già venute), per delle persone amate, per me, e non rimarrà nulla, null’altro che la putrefazione ed i vermi; le mie opere, quali esse siano, saranno dimenticate, presto o tardi, ed io non sarò più. Allora perchè inquietarmi? Come l’uomo possa non veder questo vivere, è stupefacente. Si può vivere soltanto quando si è ebbri della vita; ma, appena dissipata l’ebbrezza, non si può far a meno di vedere che tutto ciò non è che soperchieria e soperchieria stupida.

Certo, non v’ha nulla di allegro o di spiritoso in questo; è semplicemente crudele e stupido.

È conosciutissima quella fiaba orientale di quel viaggiatore sorpreso nel deserto da un animale feroce. Per sfuggire all’animale, il viaggiatore si precipita in un pozzo profondo; ma in fondo a questo vede un drago con la bocca aperta per divorarlo, e l’infelice, non osando uscire per non esser preda della bestia feroce, non osando scendere in fondo al pozzo per non essere divorato dal drago, si aggrappa ai rami di un cespuglio che esce da una fenditura del pozzo; ma le sue mani stanno per cedere; sente che ben presto dovrà rassegnarsi alla fine certa che l’attende dalle due parti. Pur continua ad aggrapparsi; quando s’accorge che due topi, uno bianco e l’altro nero, rodono il tronco del cespuglio al quale è sospeso; il sostegno sta per cedere... egli cadrà in bocca al drago; lo vede e sa che perirà inevitabilmente; ma mentre è così sospeso, cerca intorno a sè e scopre sulle foglie del cespuglio delle gocce di miele; le raggiunge, con la lingua, e le succhia.

Così io mi aggrappo ai rami della vita, sa-