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68 | leone tolstoi |
oziosi, siamo pure dei pazzi? E compresi che effettivamente siamo dei simili pazzi; io, certamente, ero un pazzo.
L’uccello è organizzato in modo tale che deve volare, ammassare il cibo, costruire il nido, e quando lo vedo compiere questi diversi atti, ne godo con lui. La capra, la lepre, il lupo esistono per nutrirsi, riprodursi, allevare la loro famiglia, e quando fanno questo son sicuro che sono felici e che la loro vita è ragionevole. Che deve dunque fare l’uomo? Egli pure deve prender cura della vita come gli animali, con questa differenza, che perirà se non penserà che a sè solo. Egli deve curarsi non solo di sè, ma di tutti. E quando lo fa, ho la convinzione ch’egli è felice e che la sua vita è ragionevole. Che avevo dunque fatto io, durante tutta la mia vita cosciente, durante trent’anni? Non solo non mi ero curato della vita degli altri, ma non m’ero neppur curato della mia. Vivevo da parassita, ed essendomi chiesto perchè vivessi, ricevevo la risposta «per nulla».
Se il senso della vita umana è di lavorare per guadagnarla, io, che durante trent’anni mi ero occupato, non a sostener la vita, ma a distruggerla in me e negli altri, come avrei potuto ricevere altra risposta che questa: «la mia vita è un controsenso e un male?» Essa era, infatti, assurda e cattiva.
La vita dell’universo si compie per la volontà di qualcuno, che fa servir questa vita dell’universo e le nostre vite a un’opera qualunque, ch’è sua. Per aver la speranza di comprendere questa volontà, bisogna, prima di tutto, sottometterci, fare ciò che si esige da noi. Se io non faccio ciò che si esige da me, non comprenderò mai ciò che mi si domanda e, tanto meno, ciò