Pagina:Le confessioni di un ottuagenario I.djvu/389

Da Wikisource.
362 le confessioni d’un ottuagenario.

Io per me aveva allora troppe memorie da accarezzare, troppi dolori da combattere, perchè mi mettessi a pescar col cervello in quei torbidi. Della Francia avea udito novellare una volta o due come di regione tanto discosta, che non capiva nemmeno che cosa potessero calere a noi le pazzie che vi si facevano. Infatti le mi avevano figura di pazzie e nulla più. L’autunno susseguente al primo anno di giurisprudenza fu quasi suggello a quella mia incuria politica. Il viaggio pedestre fino a Fratta, il riveder la Pisana, gli amori rinati e troncati poi di bel nuovo per nuove stranezze, per nuove gelosie, le incombenze affidatemi per via di esperimento del cancelliere, gli elogi del conte e dei nobiluomini Frumier, le soperchierie e le scappate del Venchieredo, i disordini della famiglia Provedoni, i dissidii fra la Doretta e Leopardo, le continue imprese dello Spaccafumo, le raccomandazioni del vecchio piovano, e gli strani consigli del padre Pendola mi diedero troppo da pensare, da fare, da meditare, da godere e da soffrire, perchè mi pentissi di aver lasciato ai miei compagni la cura delle cose di Francia e il passatempo delle gazzette. Peraltro tutte queste cose mi fecero l’effetto d’una commedia goduta, in confronto di quanto mi fece provare in que’ due mesi la sola Pisana. Che l’indole di lei fosse migliorata nel frattempo, nessuno lo vorrebbe credere se anche io fossi tanto bugiardo e sfacciato da affermarlo. Bensì era cresciuta di bellezza nelle forme e nel volto. S’era fatta veramente donna; non di quelle che somigliano fiori delicati cui la prima brezza del novembre torrà l’olezzo e il colore, ma una figura altera, robusta, ricisa, ammorbidita da una rosea freschezza, e da una mobilità di fisonomia bizzarra e istantanea sovente, ma sempre graziosa e ammaliatrice. Quando quella fronte superba e marmorea si chinava un istante alle occhiate procaci d’un giovane, e le pupille velate e come confuse si volgevano a terra, una tal fiamma di de-