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12 le confessioni d’un ottuagenario.

far la figura del piccolo martire: e siccome le chicche della madre lo ricompensavano dei paterni rabbuffi, la professione del prete gli parve più che mai preferibile a quella del soldato. La cuoca e le serve di casa gli annasavano addosso un certo odore di santità; allora egli si diede ad ingrassare di contentezza e a torcer anche il collo per mantenere la divozione delle donne. E finalmente il signor padre colla sua ambizione marziale ebbe contraria l’opinione di tutta la famiglia. Perfino i buli che tenevano dalla parte della cuoca, quando il feudatario non li udiva, gridavano al sacrilegio di ostinarsi a stogliere un San Luigi dalla buona strada. Ma il feudatario era cocciuto, e soltanto dopo dodici anni d’inutile assedio, si piegò a levare il campo e a mettere nella cantera dei sogni svaniti i futuri allori d’Orlando. Costui fu chiamato una bella mattina con imponente solennità dinanzi a suo padre, il quale per quanto ostentasse l’autorevole cipiglio del signore assoluto, aveva in fondo il fare vacillante e contrito d’un generale che capitola.

— Figliuol mio, — cominciò egli a dire, — la professione delle armi è una nobile professione.

— Lo credo; — rispose il giovinetto con una cera da santo un po’ intorbidata dall’occhiata furbesca volta di soppiatto alla madre.

— Tu porti un nome superbo, — riprese sospirando il vecchio conte; — Orlando, come devi aver appreso dal poema dell’Ariosto che ti ho tanto raccomandato di studiare.

— Io leggo l’Uffizio della Madonna, — disse umilmente il fanciullo.

— Va benissimo, — soggiunse il vecchio tirandosi la parrucca sulla fronte — ma anche l’Ariosto è degno di esser letto. Orlando fu un gran paladino che liberò dai Mori il bel regno di Francia. E di più se tu avessi scorso la Geru-