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396 le confessioni d’un ottuagenario.

dai proprii sacrifizii è mestieri cavare il prezzo che meritano per non vederli sprecati.

— Padre, — soggiunsi io con qualche ritenutezza pel mistero che mi cresceva in quella lunga parlata — spero che capirò meglio quando mi sia purificato lo spirito dai fumi che lo offuscano. Penserò, e vincerò.

— Avreste già vinto se vi foste provato a combattere; — rispose il reverendo — ma voi, Carlino, vi siete chiuso nel vostro guscio, e non avete cercato l’aiuto di chi poteva molto per voi. Le idee non nascono, ma procedono, figliuol mio: e voi avete fatto malissimo di raggomitolarvi nelle vostre passioncelle, senza fidarvi alle persone oneste ed oculate, che vi avrebbero menato bene innanzi in quella strada che ora vi addito. L’anno scorso per esempio io vi avea raccomandato di frequentare a Padova l’avvocato Ormenta, un uomo integerrimo, giusto; generoso, che avrebbe volto l’ingegno vostro al suo vero ministero, e vi avrebbe indicato il vero scopo e l’ampia utilità della vita. Uomini così fatti devono essere venerati dai giovani, e presi ad esempio, se vogliono.

— Padre, l’avvocato Ormenta io l’ho veduto più volte giusta la sua raccomandazione; ma io era sviato in altri pensieri. Mi pare anche che fossi spaventato dalla sua freddezza, e da una certa aria di sprezzo che mi rassicurava ben poco. Non so se mi sembrasse o troppo grande o troppo diverso da me; ma certo io non mi sentiva in buona voglia alla sua presenza, e la camera nella quale mi riceveva era così tetra, così agghiacciata da metter paura. —

— Tutti segni d’una vita austera e sublime, figliuol mio. Quello che un tempo vi ha spaventato, vi piacerà, vi ammalierà domani. Sembrano fredde le cose eccelse, e le nevi coprono le cime delle alte montagne; ma sono le prime ad esser baciate dal sole, e le ultime ch’esso abbandoni. Tornerete quest’anno dall’avvocato, vi addomesticherete