Pagina:Le confessioni di un ottuagenario I.djvu/68

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capitolo primo. 41

ria e la cattiveria di scoprire le strane giubilazioni del cappellano ad ogni sua scappata dal castello; e fatta che io ebbi la scoperta, tutti, quand’egli partiva, si affollavano alle finestre del tinello per goder lo spettacolo. Il fattore giurò che una volta o l’altra per la soverchia consolazione egli sarebbe saltato nella peschiera; ma convien dire a lode del povero prete che questo accidente non gli avvenne mai. Il maggior segno di contentezza che diede fu una volta quello di mettersi coi biricchini a scampanare a festa dinanzi la chiesa. Ma in quel giorno l’avea scapolata bella. C’era in castello un prelato di Porto, chiamato il canonico di S. Andrea, grande teologo e pochissimo tollerante dell’ignoranza altrui, che avea onorato in addietro e seguitava ad onorare la contessa del suo patrocinio spirituale. Costui con monsignor Orlando e il Piovano s’era impancato vicino al focolare a dogmatizzare di morale. Il cappellanello che veniva a domandar conto della digestione del signor conte, come voleva la prammatica d’ogni dopopranzo, era stato lì lì per cascare nel trabocchetto; ma a metà della cucina aveva orecchiato la voce del teologo, e protetto dalle tenebre se l’avea data a gambe, ringraziando tutti i santi del calendario. ― Figuratevi se non avea ragione di scampanare per l’allegrezza!

Oltre a questi due preti, e ad altri canonici e abati della città che venivano a visitar di sovente monsignor di Fratta, il castello era frequentato da tutti i signorotti e castellani minori del vicinato: una brigata mista di beoni, di scioperati, di furbi e di capi ameni, che spassavano la loro vita in caccie, in contese, in amorazzi e in cene senza termine, e lusingavano del loro corteo l’aristocratico sussiego del signor conte. Quand’essi capitavano era giorno di gazzarra. Si spillava la miglior botte; molti fiaschi di Picolit e di Refosco perdevano il collo; e le giovani aiutanti della cuoca si rifugiavano nello sciacquatoio. La cuoca