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180 le confessioni d'un ottuagenario.

era tutto dire tanta confidenza nella buona stella, dopo il temporalone di quella sera! Tanto è vero che gli estremi si toccano, come dice il proverbio, e che Bertoldo avea ragione di sperare maggiormente il sereno durante la piova.

Quella infine fu la serata più gioconda e piacevole che passai coll’Aglaura durante quel viaggio; ma molto forse ci poteva la contentezza di vedersi salvi da un sì gran pericolo. Accompagnandola nella sua stanza (l’osteria di Bardolino aveva fino dal secolo scorso pretensione d’albergo) non mi potei trattenere dal dirle:

— Non me ne farete più, Aglaura, di cotali paure, n’è vero?

— No, certo, e ve lo giuro; — mi rispose ella stringendomi la mano.

Infatti il mattino appresso traversando il lago, e i giorni seguenti viaggiando pei neonati dipartimenti della Repubblica Cisalpina, ella fu così serena e composta che me ne stupiva sempre. Ed io più volte m’arrischiai allora di toccarla sul tasto di quella stramba volata, ma ella sempre mi dava sulla voce, dicendo, che già me lo avea confessato le cento volte che la era pazza, e che rimanessi pur tranquillo, che almeno in quella pazzia non ci sarebbe incappata più. Così entrammo abbastanza felici in Milano, dove l’eroe Buonaparte, con una dozzina di piastricciatori Lombardi, si dava attorno per improvvisare un ritratto abbozzaticcio della Repubblica Francese una ed indivisibile.

Era il ventuno novembre; una folla immensa e festosa traboccava di contrada in contrada sul Corso di Porta Orientale, e di là fuori nel campo del Lazzeretto, battezzato novellamente pel campo della Federazione. Tuonavano le artiglierie, migliaja di bandiere tricolorate sventolavano; era uno scampanio a festa, un gridare, un lanciar di cappelli, un agitarsi di fazzoletti di teste di braccia in quella calca allegra tumultuosa, e non pertanto calma e dignitosa.