Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/469

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capitolo ventesimo. 461

maggiori beatitudini. Così vidi illanguidirsi a poco a poco in una calma ilare e serena quell’anima di fiamma, che avea sempre vissuto in una sì fiera tempesta di passioni; vidi la sua parte più pura sorgere a galla, e risplendere d’una luce sempre più tersa e tranquilla, e scomparire affatto que’ profani sentimenti che l’avevano per qualche istante appannata: vidi quanto aveva potuto un affetto solo, ma pieno e costante contro un’indole bizzarra e tumultuosa, contro un’educazione falsa e pervertitrice: vidi tacere affatto le passioni al volo rapido e lieve che spiccava lo spirito, e la morte avvicinarsi, bella amica sorridente al bacio, del pari sorridente, delle sue labbra.

Il delirio dell’agonia fu per lei un sogno di visioni incantevoli; fino allora io avea creduto che fossero artifiziose bugie quelle grandi parole che si mettono in bocca ai moribondi; ma mi persuasi allora che le anime sante rivolgendosi dal punto supremo a gettare sulla loro vita un ultimo sguardo, ne spremono quasi i più alti e generosi sentimenti, per farsene viatico al gran viaggio verso Dio. Molte volte nominò l’Italia, molte volte stringendomi la mano mormorava parole di coraggio e di fede. «I tuoi figli, i tuoi figli! — mi diceva. — Carlo, li vedi, essi sono più felici di noi!... Ma nel mondo, vedi, nel mondo! Fuori del mondo noi saremo beati al pari, di aver preparato la loro felicità!» Un altro momento si perdette in vaghi balbettamenti, dai quali credetti rilevare che parlasse di Napoli, e dei giorni gloriosi e terribili vissuti colà ventiquattr’anni prima. Dopo evocate quelle lontane memorie mise le mani in croce, e con piglio supplichevole soggiunse: «Perdono, perdono!...» — Oh il perdono, anima mia, a chi e perchè lo chiedevi? Forse a me che avrei dato tutto il mio sangue per meritare il tuo? Forse a quel Dio che da tanto tempo era spettatore de’ tuoi coraggiosi sacrifizii, e ammi-