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74 le confessioni d'un ottuagenario.

averne il diritto, che la concordia impiastricciata dalle mene furbesche del Reverendo non era della miglior lega.

— A Venezia il padre Pendola! — sclamai io come fra me. — Che cosa ci sia venuto a fare?... Non mi sembra nè luogo nè stagione per lui!.... —

Leopardo sospirò sopra a queste mie parole, e soggiunse a voce sommessa che pur troppo i segni non mentiscono, e che soltanto le carogne attirano i corvi. Ciò dicendo eravamo giunti in piazzetta; ond’egli levando gli occhi scoperse quel mirabile edifizio del Palazzo Ducale; e due lagrime gli corsero giù per le guancie. — No, non pensiamo a ciò! — seguitò egli squassandomi il braccio con forza erculea. — Ci penseremo a suo tempo! — Indi riprese a darmi contezza delle cose di laggiù: come sua sorella Bradamante si era sposata a Donato di Fossalta, e Bruto suo fratello e Sandro il mugnaio, presi da furore eroico, s’erano assoldati in un reggimento francese. Questa novella mi sorprese non poco, ma in quanto a Sandro ne pronosticava bene, e pensava che avrebbe fatto buona figura, come poi i fatti non mi diedero torto. Bruto secondo me si scalmanava troppo per riuscire un soldato perfetto; a menar le mani sarebbe andato di lena, ma quanto al voltare a destra e a sinistra ne operava poco assai. Leopardo mi toccò del gran cordoglio provato da suo padre per quella determinazione; il povero vecchio aveva perduto la memoria e le gambe, e le faccende del Comune volgevano a caso, come Dio voleva. Già del resto l’egual guazzabuglio c’era in tutto; e quell’interregno di ogni governo, quell’intralciarsi, quel contrastarsi di tre o quattro giurisdizioni, impotenti le une per vecchiaia e per debolezza, tiranniche le altre per l’indole loro arbitraria e militare, opprimeva la gente per modo, che pregavano concordemente, perchè venisse un padrone solo a cacciar via que’ tre o quattro che li angariavano, senza esser ca-