Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/127

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da tutti per tal indiscreto che potrebbe abusare della nostra fiducia: ma non esser d’uopo fare veruna difficoltà ad iscoprirlo ai saggi, perchè siam persuasi che saprebbero custodirlo.» Il segreto in me è tanto sicuro, quanto stesse in un gabinetto ben chiuso di cui si fosse smarrita la chiave.

«Zobeide conobbe che il facchino non mancava di spirito; ma stimando avesse colui voglia di restare al convito ch’esse volevano darsi, gli disse sorridendo: — Voi sapete che ci prepariamo a banchettare; ma v’è noto eziandio che abbiam fatto una grande spesa, e non sarebbe giusto che, senza contribuirvi, voi foste della partita.» La bella Safia appoggiò il sentimento della sorella, e disse al facchino: — Amico, non avete mai udito ciò che comunemente si dice: «Se porti qualche cosa, godrai qualche cosa: se nulla porti, vanne con nulla?»

«Il facchino, malgrado la sua rettorica, sarebbe forse stato costretto a ritirarsi con sua confusione, se Amina, presone vivamente le parti, non avesse detto a Zobeide ed a Safia: — Mie care sorelle, vi scongiuro di permettere ch’ei rimanga con noi: non è mestieri dirvi che ci diverterà; voi vedete che n’è capace. Vi assicuro che senza la sua buona volontà, la sua destrezza ed il suo coraggio nel seguirmi, non sarei riuscita a fare in sì poco tempo tante provviste. D’altronde, se vi ripetessi tutto le amabili coserelle che strada facendo mi ha dette, non vi maravigliereste della protezione che gli concedo.

«A quelle parole di Amina, il facchino, trasportato di gioia, si gettò ginocchioni, baciò la terra ai piedi della vezzosa dama, e rialzatosi, le disse: — Amabilissima signora, voi avete oggi cominciata la mia fortuna: ora con un’azione tanto generosa la portate al colmo; non saprei attestarvene abbastanza la mia gratitudine. Del resto, signore,» soggiunse, dirigen-