Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/423

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sce, ed invece sei tu che per rubarli scendi dal camino? Spero che non ti verrà più la voglia di tornarci.» Ciò detto, percosse il gobbo, dandogli parecchie bastonate. Cadde il cadavere col muso a terra: il provveditore raddoppiò i colpi, ma notando finalmente che il battuto non si moveva, si fermò per considerarlo. Vedute allora che era un cadavere, cominciò il timore a subentrare all’ira. — Che cosa ho mai fatto, misero me!» sclamò egli. «Ho ucciso un uomo. Ah! troppo lungi mi trasportò la mia vendetta. Gran Dio! se non hai pietà di me, è finita per la mia vita. Maledette mille volte le grasce e gli olii che sono origine di aver io commesso azione sì iniqua.» Rimasto pallido e contraffatto, credeva già di vedere i ministri della giustizia trascinarlo al supplizio; e non sapeva qual partito prendere...»

L’aurora che compariva obbligò Scheherazade ad interrompere il discorso; ma lo ripigliò sul finire della notte seguente, dicendo al sultano delle Indie:


NOTTE CXXV


— Sire, il provveditore del sultano di Casgar, percuotendo il morto, erasi accorto della sua gobba; quando se n’avvide, gli scagliò mille imprecazioni. — Maledetto gobbo,» gridò, «cane di gobbo, fosse piaciuto a Dio che tu m’avessi rubato tutto le mie grasce e non ti avessi trovato qui: non sarei nell’imbarazzo in cui mi trovo per causa tua e della tua orrida gobba! Stelle che splendete lassù nei cieli,» soggiunse, «non abbiate luce per me in sì evidente pericolo.» Ciò dicendo, gettossi il gobbo sulle spalle, uscì dalla camera, andò in fondo alla via, e colà depostolo in piedi