Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/541

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signore, dalla vostra giustizia, che mi facciate dare le duemila cinquecento dramme a me, dovute. Se volete che i miei confratelli confessino la verità di quanto dico, fate lor dare tre volte tante bastonate quante n‘ebbi io, e vedrete che apriranno gli occhi al par di me. —

«Vollero mio fratello e gli altri due ciechi protestare contro sì orribile impostura; mai il giudice non si degno d’ascoltarli. — Scellerati,» disse loro, «così dunque contraffate i ciechi, ingannate la gente sotto pretesto d’eccitarne la carità, e commettendo sì ree azioni? — È un’impostura,» gridò mio fratello; «è falso che alcuno di noi ci vegga. Ne prendiamo a testimonio Iddio! —

«Tutto ciò che poterono dire mio fratello ed i suoi compagni fu inutile, e ricevettero duecento bastonate ciascuno; il giudice aspettava sempre che aprissero gli occhi, ed attribuiva a grande ostinazione quello ch’altro non era se non assoluta impotenza. Intanto il ladrone andava dicendo ai ciechi: — Poveri diavoli che siete, aprite gli occhi, e non aspettate che vi facciano morire sono il bastone.» Poi, volgendesi al giudice di polizia: «Signore,» soggiunse, «ben veggo che spingeranno la loro malizia fino agli estremi, e che non apriranno mai gli occhi; essi vogliono di certo evitare la vergogna di leggere; la propria condanna negli occhi di coloro che li vedranno. È meglio far loro grazia, e mandar qualcuno con me a prendere le diecimila dramme che hanno nascoste. —

«Il giudice s’affrettò ad esaudirio, facendo accompagnare il ladro da uno de’ suoi, che gli recò i dieci sacchi; fece egli contare due mila cinquecento dramme al malandrino, e tenne il resto per sè. Quanto a mio fratello ed ai suoi compagni, n’ebbe pietà, e si contentò di bandirli. Appena io ebbi udito ciò ch’era accaduto a mio fratello, gli corsi dietro, e raccontatami da lui la sua disgrazia, lo ricondussi segreta-