Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/663

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costringendolo così a deporre le armi col gioielliere, ed arrendersi a discrezione. I ladri concessero loro la vita; ma dopo essersi impossessati dei cavalli e del bagaglio, li spogliarono, ed andandosene col bottino, li abbandonarono nel medesimo luogo.

«Quando i ladroni furono lontani: — Or bene,» disse il principe desolato al gioielliere, «che dite voi della nostra avventura e dello stato, in cui siamo ridotti? Non sarebbe stato meglio che fossi rimasto a Bagdad, aspettandovi la morte, in qualunque modo avessi dovuto riceverla?

«— Principe,» rispose il gioielliere, «è questo un decreto della volontà di Dio, cui piace provarci con afflizioni, d’ogni sorta. Noi dobbiamo non mormorarne, e ricevere dalla sua mano queste disgrazie con tutta sommissione. Non fermiamoci qui più oltre, e cerchiamo qualche rifugio, ove si voglia soccorrerci nel nostro infortunio.

«— Lasciatemi morire,» gli disse il principe di Persia; «non importa ch’io muoia qui od altrove. Forse nel momento in cui parliamo, Schemselnihar non è più, e dopo di lei io non debbo più cercar di vivere.» Il gioielliere, a forza di preghiere, giunse in fine a persuaderlo. Camminarono buona pezza, e trovata una moschea aperta, vi entrarono, e passaronvi il resto della notte.

«Allo spuntar del giorno, un uomo solo giunse in quella moschea, il quale vi fece la sua preghiera, e finita che l’ebbe, scorgendo, nel volgersi, il principe di Persia ed il gioielliere seduti in un canto, si mosse alla loro volta, salutandoli con molta cortesia. — Da quanto posso arguire,» disse loro, «mi sembrate stranieri. —

«Prese il gioielliere la parola, e: — Non v’ingannate,» rispose; «siamo stati questa notte derubati, venendo da Bagdad, come potete avvedervene dallo