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NOTTE CCLIV


— Sire, rassicurato il re di Persia da tali parole, si alzò ed entrò con Gulnara nella stanza, dove questa lo presentò alla regina sua madre, al fratello ed alle sue parenti, che tosto si prosternarono colla faccia contro terra. Il re di Persia corse subito ad essi e li costrinse ad alzarsi, abbracciandoli ad uno alla volta. Quando tutti furono seduti, il re Saleh, prendendo a parlare: — Sire,» disse al monarca persiano, «non sapremmo abbastanza dimostrare a vostra maestà la nostra allegrezza perchè la regina Gulnara, mia sorella, abbia avuto, nella sua disgrazia, la buona ventura di trovarsi sotto la protezione d’un sovrano sì potente. Possiamo assicurarla, ch’essa non è indegna dell’alto grado, cui le ha fatto l’onore d’innalzarla. Noi abbiamo sempre avuto per lei tanta affezione e tenerezza, che non potemmo risolverci ad accordarla a veruno dei possenti principi del mare, che ce l’avevano chiesta in isposa prima ancora che fosse giunta all’età opportuna. Il cielo ve la riservava, o sire, e noi non possiamo meglio ringraziarlo del favore impartitole, se non che chiedendogli d’accordare a vostra maestà la grazia di vivere lunghi anni con lei, in mezzo ad ogni sorta di prosperità e soddisfazioni.

«— Bisognava bene,» rispose il re di Persia, «che il cielo me l’avesse riservata come voi dite, poichè in fatti la passione ardente colla quale l’amo, mi fa comprendere ch’io non aveva mai amato prima di vederla. Non saprei mostrarmi abbastanza grato alla regina sua madre, nè a voi, o principe, nè a