Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/604

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«Terminata ch’ebbe il cieco la sua storia, il califfo gli disse: — Baba-Abdalla, il tuo peccato è grande; ma Dio sia lodato perchè ne conoscesti l’enormità, e per la penitenza pubblica che sin adesso ne facesti. Così basta: è d’uopo che d’or innanzi tu la continui in particolare, non cessando di domandare perdono a Dio in tutte le preghiere alle quali sei ogni giorno obbligato dalla tua religione; ed affinchè tu’ non ne sia distratto dalla cura di chiedere il vitto, ti faccio, tua vita durante, l’elemosina di quattro dramme d’argento di mia moneta al giorno, che il mio gran visir ti farà sborsare. Laonde non allontanarti, ma aspetta ch’egli abbia eseguiti i miei ordini. —

«A tali parole, Baba-Abdalla si prosternò davanti al trono del califfo, ed alzatosi, gli fece i suoi ringraziamenti, augurandogli ogni sorta di prosperità.

— Sire,» disse Scheherazade a questo passo del racconto, «è tempo che vostra maestà vada a presiedere al consiglio; domani le narrerò la storia del giovane che batteva sì crudelmente la cavalla.»


NOTTE CCCXLVII


— Contento il califfo Aaron-al-Raschid della storia di Baba-Abdalla e del dervis, si volse al giovane da lui veduto maltrattare la cavalla, e come aveva fatto col cieco, gli chiese il suo nome; quegli rispose chiamarsi Sidi Numan.

«— Sidi Numan,» gli disse allora il califfo, «ho veduto in tutta la mia vita esercitar cavalli, e spesso ne ho esercitati anch’io; ma non vidi maisospin-