Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/617

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«— Sciagurato! ricevi la pena della tua curiosità, e diventa cane.

«Appena Amina, ch’io non aveva ancor conosciuta per maga, ebbe vomitate quelle diaboliche parole, mi trovai cangiato in cane. Lo stupore e la sorpresa in cui caddi per un cangiamento sì repentino ed inaspettato, m’impedirono di pensare alla prima a fuggire, cosa che le diede il tempo di prendere un bastone per maltrattarmi. Infatti me ne scaricò addosso tai colpi, che non so come non ne restassi morto sul luogo. Credetti salvarmi dalla sua rabbia fuggendo in corte, ma ella mi perseguitò col medesimo furore, e per quanta sveltezza usassi correndo qua e là per evitar le busse, non fui destro abbastanza per ischivarle, e dovetti toccarne molte altre. Stanca finalmente di percuotermi e perseguitarmi, ed arrabbiata per non avermi potuto accoppare, come avrebbe desiderato, immaginò un nuovo mezzo per riuscirvi: socchiuse la porta della strada, onde schiacciarmi nel mentre vi passassi per fuggire. Cane però com’era, compresi il suo pernicioso disegno; e siccome il pericolo presente somministra spesse volte ingegno per conservare la vita, presi così bene le mie misure, osservandone il contegno ed i movimenti, che delusi la sua vigilanza, e passai abbastanza ratto per salvare la vita ed eludere la sua malvagità, scappandomela coll’avere alquanto pesta la cima della coda.

«Il dolore però che ne risentii non lasciò di farmi guaire e latrare correndo lungo la strada, talchè mi uscirono contro alcuni cani, da’ quali ebbi non pochi morsi. Per evitare dunque la persecuzione, mi gettai nella bottega d’un venditore di teste, lingue e piedi di montone cotti, e là mi posi in salvo.

«Il mio ospite interessossi subito per me con grandissima compassione, scacciando i cani che m’inseguivano e volevano penetrare sino in casa sua.